Sono passati 40 anni da quando una giunta militare, senza sparare un colpo, s’insediò nella Casa Rosada, sede del governo argentino. Un inizio in sordina per quella che sarebbe diventata la più sanguinaria dittatura della sua storia. Un golpe programmato da tempo si materializzò il 24 marzo 1976 senza bombardare il palazzo né riempire gli stadi con prigionieri politici, come aveva fatto Pinochet in Cile. Allora alcuni si sono illusi immaginando che Jorge Videla fosse quasi un moderato.

Ma dopo i primi giorni operai, delegati sindacali, studenti, avvocati, persone che avevano anche un minimo impegno sociale cominciarono ad essere prelevate dalle loro case da squadre in borghese che si dileguavano nel nulla. Dopo il sequestro si perdeva ogni traccia, non si avrebbero avuto più notizie di loro.

Erano scomparsi, desaparecidos.

Per non attizzare la coscienza internazionale, i militari non si facevano vedere armati, evitavano le sparatorie e le pattuglie che eseguivano perquisizioni e arresti, agivano di notte con macchine senza targa. Di giorno invece si diffondeva l’immagine di un governo moderato, non si parlava di dittatura, ma di Proceso de reorganización nacional, un processo per riportare l’ordine nel Paese. I militari curavano la loro immagine e amavano essere ripresi insieme alla curia o in Chiesa mentre pregavano. Intanto la gente spariva, i familiari che si rivolgevano alle istituzioni non avevano nessuna risposta mentre le carceri e i commissariati di polizia erano pressoché vuoti.

La verità arrivò dall’immenso estuario del Río de la Plata dopo poche settimane, quando sulla riva cominciarono ad apparire dei cadaveri mutilati, le prime prove dei voli della morte.

Non tutti i militari erano cosi silenziosi, il generale Iberico Saint-Jean, allora governatore della provincia di Buenos Aires, dichiarava al giornale francese Le Monde: «Prima uccideremo tutti i sovversivi; poi uccideremo i loro collaboratori; poi i loro simpatizzanti; poi chi rimarrà indifferente, e infine gli indecisi». Era il 1976 e il progetto era chiaro, ma i governi europei erano distratti, «non sapevamo nulla» diranno molti anni dopo.

Piegare l’indifferenza non fu facile, solo grazie al costante lavoro delle organizzazioni dei diritti umani, come le Madres de Plaza de Mayo, le Abuelas e le associazioni di familiari delle vittime, la storia di quegli anni è stata riscritta.

Molte cause arrivate a sentenza

Dopo il ritorno della democrazia le menzogne dei militari sono state svelate una a una attraverso la voce di migliaia di testimoni e la scoperta dei luoghi dell’orrore, i campi di concentramento, le fossi comuni, i resti di prigionieri gettati vivi in mezzo al mare. Poi arrivarono i governi Kirchner, prima Néstor e poi Cristina, che hanno collocato i diritti umani al centro delle loro politiche. Secondo loro lo stato aveva il dovere di chiarire la storia di quegli anni e il loro lemma diventò: Memoria, verità e giustizia. Nel 2003 si derogavano le leggi di Punto final (1986) e di Obediencia debida (1987) norme che impedivano i processi. Di conseguenza si riaprirono le cause contro i genocidi. Da allora, molte sono le cause che sono arrivate a sentenza e altre ancora sono tuttora in corso.

Con il nuovo governo di Maurizio Macri molte delle conquiste acquisite stano cadendo una dietro l’altra. Si va avanti a forza di decreti annullando diritti e spianando la strada al pieno ritorno del neoliberismo. Estela Carlotto, presidenta delle Abuelas de Plaza de Mayo ha dichiarato: «Non siamo state sconfitte dalla dittatura, non lo saremo ora»., mettendo sullo stesso piano l’attuale governo e il regime.

Coloro che da più di un decennio hanno seguito con grande interesse le esperienze in atto in America Latina sono rimasti sorpresi dagli eventi che si sono scatenati dopo la vittoria di Macri. L’Argentina, che il 10 settembre 2015 era riuscita ad ottenere un importante successo contro i fondi speculativi internazionali alle Nazioni Unite (136 a favore; 41 astensioni e solo 6 contro) ora ha aperto le negoziazioni con i fondi avvoltoi cedendo su tutto.

I Principi fondamentali della ristrutturazione del debito sovrano che erano stati approvati a Washington e ratificati dal Parlamento locale sono diventati lettera morta.

E ora arrivano per primi

Cosa accade in America Latina? Sembra che Barack Obama voglia aggiornare la dottrina Monroe «America per gli americani». Si parte da Cuba, dove è stato ricevuto con gli onori del presidente che dovrebbe rompere con l’embargo e dare inizio a un processo di sdoganamento che nessuno è in grado di prevedere come si concluderà.

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Barack Obama con Mauricio Macrì ieri alla Casa Rosada /LaPresse

Obama arriva in Argentina proprio nei giorni in cui ricorre il 40° anniversario del colpo di Stato. All’ultimo momento il presidente Usa ha deciso di recarsi al Parco della Memoria per rendere omaggio ai desaparecidos, ma per le organizzazioni dei diritti umani la visita è una provocazione. Gli Stati uniti hanno promosso tutti i colpi di Stato nella regione e ora arrivano per primi a sostenere il nuovo governo di destra.

Le vittime non sono d’accordo con questa visita e nessuno prenderà parte all’evento. Le Madri di Piazza di Maggio, i Familiari dei desaparecidos, le Abuelas e il premio Nobel per la pace Pérez Esquivel, hanno voluto sottolineare la complicità degli Stati uniti.

La novità dell’imperialismo del XXI secolo è che per questa grande offensiva contro i governi progressisti della regione non sono più necessari i generali. Ora il premio Nobel per la Pace Barack Obama arriva insieme a un esercito di 500 imprenditori. Tutto anticipato da veri e propri colpi di mercato, minacce dei fondi finanziari, della magistratura locale e di quella degli Stati uniti, grandi gruppi mediatici ecc. che contribuiscono a destabilizzare i governi e influire pesantemente sulle urne. La possibilità di concepire un’alternativa al modello neoliberista, il laboratorio latinoamericano costruito a partire dal rifiuto dell’Alca (l’Accordo di libero commercio proposto da George Bush nel 2005) sembra in fase di veloce scioglimento.

In Brasile, dopo i due mandati di Luiz Inácio Lula da Silva e quello in corso di Dilma Rousseff il pericolo che le elezioni del 2018 fossero di nuovo vinte da Lula ha scatenato una guerra mediatica senza esclusione di colpi. A questa offensiva si è aggiunta la magistratura che farà di tutto per distruggere la grande popolarità di Lula. Rispecchiando quanto succede in Brasile, anche i giornali argentini hanno cominciato ad annunciare l’arrivo di una valanga di processi per corruzione contro l’ex presidenta Cristina Fernández de Kirchner. Ma le destre non avranno vita facile, in questo 40° anniversario del golpe quel Nunca más avrà il sapore di un nuovo inizio.