Politica

Sinistra a congresso: «Pensiero critico e conflitto sociale»

Nicola Fratoianni e Nichi VendolaNicola Fratoianni e Nichi Vendola – LaPresse

C'è alternativa Inizia a Rimini l'assise fondativa del nuovo partito, con un documento congressuale che pone l'obiettivo di (ri)costruire una cultura politica alternativa al neoliberismo.

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 17 febbraio 2017

Se un congresso fondativo ha il compito di delineare l’identità di un partito, quello di Sinistra italiana che si apre oggi a Rimini tratteggia, a partire dal documento con le tesi congressuali scritto da Fabio Mussi e Rosa Fioravante, l’obiettivo di (ri)costruire una cultura politica basata «sulla formazione di un pensiero critico, non riducibile a valori di mercato».

Un progetto ambizioso ma necessario e nel segno del conflitto sociale, avverte l’antico laureato alla Scuola Normale Superiore. Un Mussi che ha anche accettato di veder emendato e “diluito” il documento. Nel tentativo – vano – di mantenere nell’alveo del nuovo partito una quindicina di deputati di Sel che, con in testa Arturo Scotto, hanno già deciso di non entrare in Si, con probabile destinazione il Campo progressista di Pisapia.

Fin dal titolo («C’è alternativa»), il documento punta a smentire quel «non c’è alternativa» bandiera «dell’ideologia neoliberista e del pensiero unico diventato linguaggio e senso comune». Ma cosa ha prodotto, anche solo sul piano geopolitico, il pensiero unico? «Il quadro globale non è rassicurante – annotano Mussi e Fioravante – Trump sembra portare a compimento la crisi della democrazia liberale. Putin insegue il sogno dell’impero russo. Erdogan punta alla riunificazione ottomana dell’islamismo premoderno. La Cina al primato economico in un mondo disconnesso. L’Europa, tanto più dopo lo shock Brexit, ha perso voce e funzione».

Se poi si guarda ai meccanismi di accumulazione del capitale, la realtà è, se possibile, ancora peggiore. Il documento registra che il sistema finanziario, lanciato politicamente negli anni ’80 dalla destra anglosassone (Reagan, Thatcher) e assecondato nel decennio successivo dalla «sinistra di governo» dei democratici negli Usa e dei socialisti in Europa (Clinton, Schroeder, Blair) si è via via autonomamente replicato e regolato.

Le conclusioni sono sotto i nostri occhi: «Nel mondo degli Hfd, degli scambi ad alta velocità governati da algoritmi, dei derivati (in circolazione più di 700.000 miliardi di dollari: la bomba atomica economica su cui è seduta l’umanità), del sofisticatissimo apparato con cui il capitale si muove velocissimo alla ricerca del massimo profitto senza passare dalla produzione di merci, il potere politico non sa più neppure come funziona esattamente il sistema. Ne asseconda la bulimia o, nel migliore dei casi, prova a limitare a valle i danni prodotti a monte».

Sembra un vano assalto al cielo, annotano Mussi e Fioravante, porre in discussione da questo o quell’angolo del mondo un potere che sembra inarrivabile. «Ma Bernie Sanders ha conquistato l’attenzione dei giovani americani puntando il dito su Wall Street e sul lavoro sfruttato. E molti anni prima, a Seattle, e poi in Sudamerica e in Europa, il movimento altermondialista aveva visto chiaro e parlato forte». Quindi c’è alternativa alla guerra, allo sfruttamento del lavoro, alle crescenti diseguaglianze, al degrado della biosfera, all’oppressione di genere, al decadimento della democrazia e della libertà. «E se vogliamo ricostruire la democrazia, serve ridare protagonismo al demos. E serve un investimento massiccio nella ricostruzione di un popolo oggi disperso e atomizzato secondo la logica della competizione assoluta».

Di qui la necessità di sostituire la cooperazione alla competizione: «Perché esistono, nella nostra società, maggioranze sociali, dal lavoro ai beni comuni. Ciò di cui c’è bisogno è il lavoro politico di trasformazione di quelle maggioranze in una forza coesa, in grado di lanciare una proposta per il governo del paese e la trasformazione della nostra società». Con una salutare avvertenza: «Non esistono partiti politici dotati di una qualche ambizione che non si pongano l’obiettivo del governo. Altrettanto naturalmente la frase ’o stai in un governo o non esisti’, è falsa.

Un partito orientato all’alternativa deve aspirare alla massima rappresentanza, ma la sua funzione non è generare un certo numero di eletti. La sua missione è esercitare una presenza e una azione volta a politicizzare la società e a modificare la realtà».

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