Gli avvenimenti di Charlotte non potevano non entrare nella campagna elettorale che è in pieno svolgimento.A pochi giorni dal primo dibattito presidenziale che vedrá Trump e Clinton faccia a faccia, lunedì 26, i due candidati da mesi si affrontano da lontano sul tema delle tensioni razziali tra cittadini e polizia. Hillary Clinton ha da sempre dalla sua la maggior parte della comunità nera che l’ha preferita al socialista Sanders durante le primarie democratiche e che sembra preferirla al candidato repubblicano. La ragione per cui il voto afro-americano sembrerebbe andare nella sua direzione è lo stesso per cui molti giovani bianchi invece trovano insopportabile votarla: super connessa con tutto l’establishement, Hillary sembra pronta a tutto pur di ottenere i risultati che si è prefissa, e uno di questi è la normalizzazione dei rapporti tra polizia e comunità nera.

Sull’altro fronte Trump cerca da settimane di corteggiare il voto afro-americano ma fino ad ora senza grande successo. Non è facile, conciliare posizioni apertamente razziste con un «appeal» verso questa porzione di America, specialmente in questi giorni, in cui va ripetendo, a seguito delle bombe piazzate a New York e in New Jersey, che la sua soluzione sarebbe ripristinare e implementare su scala nazionale lo «Stop and Frisk», il sistema di controlli e perquisizioni che non hanno bisogno di mandati e che si basano sulla profilazione razziale, pratica comprensibilmente invisa alla comunità nera.

Se in questi giorni Clinton non ha commentato gli avvenimenti, Trump dal suo account Twitter, si è appellato all’unità per «rifare grande l’America» e ha indicato in una leadership forte la soluzione ai problemi anche di Charlotte. Il modo in cui nelle passate settimane si era rivolto agli elettori afro-americani non era stato apprezzato. «Siete poveri, vivete in brutti quartieri, con brutte scuole – aveva detto Trump in un comizio – non avete niente da perdere. A questo punto provate me».

Ma i suoi discorsi, come i suoi tweet, sono solo formalmente rivolti ai neri, il vero target sono i bianchi spaventati ma che allo stesso tempo non vogliono sentirsi razzisti. Molto spesso quando parla agli afro-americani Trump lo fa rivolgendosi ad una platea di bianchi a cui racconta che lui ha molti dipendenti neri, a dimostrazione della propria apertura, e spiegando come, con Obama presidente, la condizione degli afro-americani sia peggiorata verticalmente a livello sociale ed è economico.

Controllare le fonti di ciò che dice è inutile: il punto con Trump non è la veridicità del contenuto, ma solo la sua emissione, e invocare una leadership forte, mentre Charlotte va a fuoco, è, nuovamente, una rassicurazione ai bianchi, con buona pace dei problemi dei neri. D’altro canto proprio pochi giorni fa il maggior sindacato di polizia americano ha dato il proprio endorsement a Trump, altro tassello per capire che piega prenderebbe la delicata gestione dei rapporti tra comunità afro-americana e polizia, sotto una sua amministrazione.