Il Congresso dei deputati spagnolo ha preso ieri una decisione storica: i resti del dittatore Francisco Franco saranno portati via dalla Valle dei Caduti (Valle de los Caídos), il monumento che il dittatore fece costruire per seppellire i caduti della Guerra Civile che lui stesso provocò con il suo colpo di stato nel 1936. Il governo socialista ha voluto fortemente questa misura di “riparazione storica” per chiudere un capitolo doloroso della storia spagnola, proprio nell’anno in cui la Costituzione spagnola celebra i suoi 40 anni.

 

I deputati hanno approvato il decreto del governo con gli stessi voti che avevano appoggiato la mozione di fiducia a Sánchez: socialisti, Podemos e alleati, nazionalisti catalani e baschi e un paio di altri gruppi locali. 172 in totale i sì. Si sono astenuti, come annunciato, popolari e Ciudadanos: 164; fra le file popolari anche due contrari, ma sarebbe stato «per errore».

La portavoce socialista, Adriana Lastra, ha tentato inutilmente fino all’ultimo momento di convincere i critici, ma non c’è stato nulla da fare: «Non vi astenete sulla democrazia e la dignità, vi imploro», aveva esclamato. Per giustificare l’opposizione a questa misura, il Pp si è arrampicato sugli specchi della legalità. Tutto l’intervento dell’ex ministro degli interni Fernández Díaz si è concentrato sulla «garanzia democratica» per criticare il governo che si è servito di un decreto.

Per Ciudadanos invece il governo usa «la cortina di fumo del cadavere di Franco per coprire la propria incapacità, debolezza e incompetenza».

La vicepresidente del governo Carmen Calvo ha invece difeso strenuamente la misura perché «non ci sarà concordia senza una risoluzione democratica di ciò che è stato ingiusto per 40 anni», definendo un’«anomalia straordinaria» quella di una democrazia dove «un dittatore è sepolto in un mausoleo di stato dove può essere esaltato». Pertanto l’esumazione deve essere fatta «per ragioni etiche che derivano da valori democratici». «Non c’è rispetto, non c’è onore, non può esserci concordia se i resti di Franco sono nello stesso posto dove sono le sue vittime», ha affermato. Un monumento, ha ricordato, «costruito in buona parte in condizioni inumane da quelle che erano state le vittime repubblicane».

Podemos ha appoggiato fin dal primo momento questa simbolica misura. «Era ora», ha esclamato la portavoce Eva García Sempere. Ma ha ricordato che questo è solo il primo passo «per seppellire il franchismo» e per «desacralizzare e risignificare» il monumento. Dalle file viola, Antón Gómez Reino si è rivolto al Pp chiedendo di «approfittare di questo momento per condannare chiaramente il passato golpista».

Anche i nazionalisti di Esquerra Republicana hanno appoggiato la misura, ma Joan Tardà ha ricordato al governo l’impegno all’annullamento di tutte le sentenze emesse dai tribunali franchisti, come aveva chiesto già qualche anno fa il Parlamento catalano all’unanimità. La sentenza di morte per il presidente legittimo catalano, Lluís Company, eseguita nel castello di Montjuic nel 1940, brucia ancora nella memoria dei catalani.

Fuori dal Congesso, pochi nostalgici protestavano. Ma dentro, la votazione è stata accolta da un lungo applauso di tutta la parte sinistra dell’emiciclo.