«Vuole lei poter decidere l’ordinamento dello Stato?». «In caso affermativo, vuole che questo sia una Repubblica?». Erano questi i due quesiti del referendum popolare tenutosi lo scorso sabato a Madrid, nel quartiere popolare di Vallecas.

L’iniziativa è stata organizzata da una piattaforma cittadina formata da realtà della sinistra madrilena e ha visto la partecipazione di oltre 7mila persone. In una trentina di «seggi» disposti nelle zone più transitate del quartiere, chiunque poteva votare: delle 7.270 persone che hanno votato, 6.490 hanno detto «sì» alla repubblica.

Non era necessario neanche presentare un documento d’identità. Il referendum non aveva valore legale, ma è riuscito comunque a guadagnarsi l’attenzione dei media spagnoli. Del resto, era proprio questo l’obiettivo: organizzare un evento simbolico che riportasse l’attenzione su un tema molto caro alla sinistra.

In questo referendum-manifestazione non mancavano i riferimenti a quanto accaduto nove mesi fa in Catalogna: le urne usate per la consulta erano molto simili a quelle utilizzate il primo ottobre 2017. Clima e obiettivi, però, erano completamente diversi.

La piattaforma che ha organizzato la consulta del 23 giugno si chiama Vallekas Decide, formata da realtà della sinistra come il Pce (lo storico Partito Comunista di Spagna), il Pcpe, Izquierda Castellana, Yesca e la piattaforma 25-S, che prende il nome dalla grande manifestazione del 25 settembre 2012 intorno al Parlamento.

Si è tenuta «alla larga» dalla consulta Podemos, che finora ha mantenuto sempre una posizione di cautela sul tema della repubblica, a differenza del compagno di coalizione Izquierda Unida, il cui leader Alberto Garzón termina sempre i comizi con il tradizionale motto salud y república. Il Psoe invece, mantiene da sempre una linea di totale appoggio alla monarchia costituzionale.

L’intento del referendum era quello di riportare al centro del dibattito un tema da sempre molto sentito dalla sinistra spagnola: quello della forma di Stato. Prima dello scoppio della guerra civile nel 1936, e fin dal 1931, la Spagna era una repubblica. Anche la bandiera era diversa, la si vede sventolare oggi nelle manifestazioni della sinistra.

Dopo la caduta del regime franchista nel 1975 si decise di non toccare molti temi considerati ancora troppo caldi e da allora l’ordinamento dello Stato spagnola è la monarchia costituzionale.

Fino a pochi anni fa il dibattito era relegato soltanto a certi ambienti della sinistra, dove l’abolizione della monarchia viene vista anche come un riconoscimento storico dopo quanto accaduto in seguito al 1936.

A partire dal 2011, dallo scoppio della crisi economica, la monarchia costituzionale ha però perso popolarità in maniera più ampia, a causa di una serie di scandali che hanno riguardato in un primo tempo il re Juan Carlos e poi alcuni suoi familiari. Nel 2014 Juan Carlos abdicò in favore del figlio nel pieno di una grave crisi di popolarità.

L’evento che ha pesato maggiormente è il cosiddetto caso Noòs: uno scandalo di corruzione che ha visto finire in prigione proprio pochi giorni fa il cognato del re Felipe VI, Iñaki Urdangarin e che ha coinvolto anche la moglie Cristina di Borbone, sorella dell’attuale re.

Un dato che i movimenti repubblicani spagnoli sottolineano è la mancanza di sondaggi sulla popolarità della monarchia. Dal 2014, quando Juan Carlos ha abdicato, non sono stati più effettuati sondaggi ufficiali. L’ultima volta, nel 2015, il punteggio dato dagli spagnoli alla Corona nel «barometro del Cis» è stato di 4,34 su 10. Meglio rispetto al 2013, quando il punteggio era di un punto più basso, ma sempre un risultato di «insufficienza».

Ora gli organizzatori della consulta popolare, soddisfatti dei risultati, vogliono estendere l’iniziativa ad altri quartieri di Madrid. La scelta di Vallecas come luogo per tenere l’esperimento non è stata causale: è storicamente il quartiere «rosso» della capitale spagnola e anche uno dei più poveri e maggiormente colpiti dalla crisi, con disoccupazione alle stelle.

Infine, una curiosità: la piattaforma che ha organizzato il «referendum», Vallekas Decide, ha usato volutamente questo nome, strizzando l’occhio all’iniziativa Decide Madrid, la piattaforma web istituita dalla giunta municipale di Manuela Carmena nel 2016, grazie alla quale i madrileni possono proporre progetti di miglioramento o trasformazione della città.