L’infinita vicenda della nuova Alitalia proseguirà ancora per un po’ nel limbo dell’indeterminatezza con l’ennesima – settima – proroga. L’offerta vincolante, come atteso, non è arrivata, ma i partner confermano la volontà di andare avanti per definire il piano industriale e la proposta finale. Senza l’ingresso dei tedeschi di Lufthansa.
Fs e Atlantia indicano infatti la necessità di «ulteriori approfondimenti» e tocca ora al ministero dello sviluppo economico, sentiti i commissari, decidere quanto tempo concedere. Forse due o tre settimane.
La settima proroga si porta fatalmente dietro la necessità di un altro prestito ponte, che potrebbe aggirarsi intorno ai 200-300 milioni, per far volare la compagnia fino alla chiusura dell’operazione.
I consigli di amministrazione di Atlantia e di Fs, che si sono riuniti uno in seguito all’altro in un gioco degli specchi tutto italiano, hanno fatalmente avuto molti punti in comune.
Le due società si dicono entrambe disponibili a proseguire il confronto per definire un «piano industriale condiviso, solido e di lungo periodo per il rilancio di Alitalia» e l’intenzione di partecipare alla formulazione dell’offerta vincolante: ma per arrivarci servono ancora «ulteriori approfondimenti», chiariscono, che verranno superati con altre sessioni di lavoro.
Parole che di fatto sbloccano lo stallo che si era creato dopo la lettera di Atlantia del 2 ottobre con cui la società faceva emergere una serie di problematiche evidenziando la situazione di incertezza legata alla concessione di Autostrade.
A creare ulteriore confusione nei giorni scorsi è stata poi la ricomparsa di Lufthansa, che si è proposta come alternativa a Delta, ma offrendo solo una partnership commerciale senza iniezione di liquidità. Proposta che risulta però incompatibile con le indicazioni fornite dai board di Fs e Atlantia: nella Newco, infatti, si chiarisce, è prevista una primaria compagnia aerea «che si impegni a condividere e far proprio il piano industriale, oltre a sottoscrivere una quota di capitale nella Newco».
Dal partner, ovvero Delta, che si è impegnata ad investire 100 milioni, ci si aspetta inoltre che partecipi «con una quota significativa», tradotto: ora si cercherà di convincere gli americani a rivedere al rialzo la loro partecipazione ora quasi offensiva per chi fattura miliardi di dollari e ha profitti della stessa unità di misura e che assuma «un ruolo determinante nella responsabilità di gestione ed implementazione» del piano.
Sia Fs che Atlantia invece saranno «socio di minoranza» e la società dei Benetton, in particolare, chiarisce che non avrà «un coinvolgimento nella gestione corrente» per evitare conflitti di interesse, essendo azionista (con il 99%) di Aeroporti di Roma.
Oltre alle trattative tra i soci, le prossime settimane serviranno anche a trovare una soluzione ad altri aspetti, come indicano i cda sia di Fs che di Atlantia: a partire dalla necessità di mettere i commissari «in condizione di gestire» la compagnia «fino al closing dell’operazione» e il necessario «turnaround organizzativo, anche attraverso idonei strumenti di mitigazione sociale». Si tratta di una circonlocuzione per annunciare esuberi per ora stimati in circa 2.800 sui 10mila dipendenti a tempo indeterminato di Aliltalia. Con i sindacati già sul piede di guerra per non aver avuto alcuna indicazione a tal proposito nè rispetto al piano industriale.
Oltre alla evidente necessità di nuova liquidità per la compagnia, ci sono poi i nodi delle necessarie autorizzazioni dell’Ue.