Il fortino ungherese resiste per ora alla pressioni del resto dell’Unione europea. Ieri mattina Viktor Orbán ha ribadito di fronte al parlamento di Budapest che «la linea rossa della sicurezza economica del Paese non verrà oltrepassata». Con stoccatina ai colleghi europei, «convinti – ha detto Orban – che le sanzioni mettano in ginocchio la Russia, ma non ricordo una sola volta in cui simili misure continentali abbiano avuto successo».

PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI ucraino Dmytro Kuleba l’ostinata resistenza di Orbán è un problema dell’Europa, non di Kiev che non intende «iniziare una guerra retorica con le autorità ungheresi». Parlando con la stampa dopo aver partecipato al Consiglio degli Affari esteri di Bruxelles, il ministro ucraino si è detto comunque certo che «la dinamica delle sanzioni verso la Russia, è irreversibile: c’è grande comprensione in Europa sul fatto che la pressione debba essere alzata fino a quando l’Ucraina non vincerà questa guerra».

L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Josep Borrell, ha ostentato sicurezza circa il raggiungimento di un accordo: «Quelle ungheresi sono obiezioni sul lato strettamente tecnico ed economico e non sul piano politico – ha detto il capo della diplomazia europea – , o relativo alla vicinanza politica con la Russia. Le sanzioni hanno un costo, lo sappiamo, ma ce la faremo, non so dire se entro una o due settimane». E mentre il sesto pacchetto di sanzioni resta incagliato,

Kuleba già lancia proposte per il settimo, che dovrebbe puntare a «uccidere le esportazioni russe».
Intanto c’è da aprire dei corridoi commerciali per quelle di Kiev: «Il vero problema è come eliminare il blocco russo imposto ai porti ucraini e permettere ai nostri prodotti agricoli di essere venduti sui mercati globali», ha aggiunto Kuleba, che nei colloqui con i suoi omologhi europei e in un’intervista concessa a Al Jazeera in cui si è detto «sicuro al 100% della vittoria ucraina», ha parlato anche di ricostruzione post-bellica.

UNA FUGA IN AVANTI, questa, condivisa e coordinata con il presidente Volodymyr Zelensky, che ieri ha discusso dello stesso argomento con la direttrice operativa del Fondo monetario internazionale (Fmi), Kristalina Georgieva. «Il Fmi è un nostro partner importante. Attendiamo con impazienza un ulteriore fruttuoso lavoro congiunto per sostenere la stabilità finanziaria dell’Ucraina», ha detto Zelensky.

Sull’altro lato, il presidente russo Vladimir Putin ha sbandierato le «prove documentali che componenti di armi biologiche sono state create essenzialmente nelle immediate vicinanze dei nostri confini», Presiedendo a Mosca il summit che segnava il trentesimo anniversario dell’Organizzazione del Trattato collettivo di sicurezza (Csto), si è dovuto accontentare del totale sostegno confermatogli dal solito presidente bielorusso Alexander Lukashenko. Che ha rivolto un appello ai paesi membri (oltre a Russia e Bielorussia fanno parte del Csto Armenia, Kazakistan, Kyrgyzistan e Tajikistan), chiedendo di «restare uniti di fronte alle pressioni e alle sanzioni dell’Occidente, che mirano a prolungare il conflitto e a indebolire la Russia». Tra sanzioni e disimpegni frettolosi, è confermata invece da Bloomberg la notizia secondo cui McDonald’s, dopo aver chiuso la sua catena russa, venderà tutte le proprie attività a un acquirente locale.

LE MISURE IN DISCUSSIONE per ora non fermano il flusso di gas e forse neanche il petrolio, ma potrebbero nuocere al nucleare. Nella fattispecie quello della Turchia, che vede a rischio l’entrata in funzione del suo primo impianto atomico, costruito dalla società statale russa Rosatom e al centro della più sostanziose tra le joint venture attivate dai paesi.