Naturalmente il day-after del voto ci consegna un grande sollievo e la speranza di vedere un lento, ma progressivo rifluire dell’onda nera salviniana. Ma subito dopo dobbiamo prende atto di una grande vittoria e di una grande sconfitta. Di una forte affermazione del Pd che rafforza il segretario Zingaretti, di uno zoccolo duro per il futuro del governo e per Conte.

Nel responso delle urne, oltre la sonora batosta di Salvini, fermato nella sua voglia matta di prendersi l’Italia, brilla la lama infilzata nelle ferite dei 5Stelle, in gran parte provocate dall’esperienza del governo giallo-verde. Come sembra del resto confermare l’analisi del flusso dei voti in Emilia Romagna: pochi alla Lega, moltissimi tornati all’astensione, un bel pacchetto prestato al Pd emiliano. Mentre in Calabria l’imprenditore Callipo non ha proprio interessato il voto grillino rifluito nello sciopero delle urne. A dimostrazione sia di uno sbandamento dell’elettorato pentastellato, sia del fatto che, in attesa di capire con quale organizzazione e quali contenuti si pensa di porre rimedio alla crisi, questa parte della cittadinanza o resta a casa o si butta più a sinistra che a destra.

Tuttavia, meglio restare con i piedi per terra. Il Pd si è salvato grazie alle sardine e i suoi problemi (di contenuti e di leadership) non saranno risolti da miracolistiche scorciatoie.
Eppure al Nazareno già cantano le sirene del nuovo bipolarismo, del ritorno a una legge maggioritaria, specchio dei nuovi rapporti di forza tra Pd e 5Stelle. Tutti ragionamenti basati sulla convinzione che ormai il Movimento è finito. E che dunque il Pd da solo, con la solita storia dei cespugli da usare per abbellire il giardino, può affrontare e vincere le destre.

Che Salvini, Meloni e Berlusconi esultino per la crisi dei 5Stelle ci sta, ma i cattivi consigli di chi suggerisce al Partito democratico, dalle pagine dei giornali di riferimento, di umiliarli nelle questioni di governo e di togliersi dalla testa l’idea di una legge elettorale proporzionale, si sprecano.

Questo atteggiamento di esultanza, a stento trattenuta, di una parte della sinistra italiana ad ogni scivolone, politico, sociale, culturale dei 5Stelle è assai miope perché pensare di tornare al bipolarismo, con un forte blocco di destra da una parte e una sola forza politica dall’altra, può essere foriero di altre, prossime sconfitte. Meglio non montarsi la testa. (Renzi, pure inesistente in queste elezioni, sempre docet).

Con le destre così forti in gran parte del paese (Emilia Romagna e Calabria comprese), sarebbe meglio evitare di immaginare di poterle contrastare senza una terza forza che conquisti i consensi di quell’elettorato che da anni non vota più il partito democratico, che invece ancora guarda ai 5Stelle e che proviene in larga parte proprio dalla sinistra, come appunto i flussi elettorali ci dicono.

Abbiamo davanti una strada ancora lunga da percorrere, avremo sei elezioni regionali (Campania, Toscana, Puglia, Marche, Liguria, Veneto), e dovremo sperare nella replica dell’effetto-sardine, cioè in una resurrezione civica che dia forza al voto e possa tradursi in un’alleanza politica del campo democratico. «Un campo progressista e riformista», come ha detto Conte che, a commento del risultato elettorale, a proposito della fase2 del suo governo, ha esortato la maggioranza a smetterla con le bandierine sui singoli provvedimenti, rimarcando come «i numeri dei 5Stelle in parlamento siano diversi» da quelli usciti dalle urne regionali.

C’è poi un capitolo a parte, che riguarda la sinistra/sinistra. Se escludiamo la discreta affermazione di E-R Coraggiosa, la lista di Elly Schlein, ci troviamo davanti a un deserto, con piccole oasi che resistono, resistono, resistono. Che senso ha presentare tre liste (L’Altra Emilia Romagna, Potere al Popolo, Comunisti ) per conquistare percentuali da zerovirgola, quando è in ballo non solo il governo della regione, non solo il governo nazionale, ma l’assetto democratico del Paese? Per una manciata di voti?

E’ deludente per chi si batte da sempre per l’unità delle sinistre, perché si affermi una forza politica nuova e non si disperdano voti, che questa scelta non venga presa in considerazione. Tra le nostre speranze c’è anche quella che altri, a sinistra, prendano esempio dalla lista Coraggiosa.