È qualcosa di più di una semplice increspatura quella che corre sulle acque dell’ebraismo italiano, poca per essere definita una corrente ma comunque significativa: da un paio di anni, infatti, una nuova presenza delle donne sembra segnarne il panorama. Non solo nell’ebraismo riformato che si va organizzando, e che ha una diversa definizione della distinzione di genere, ma anche all’interno dell’ortodosso ebraismo italiano storicamente nella penisola da oltre due millenni.

Dopo l’affermazione della lista ’Binoth’ – composta di sole donne – alle ultime elezioni per l’Unione delle Comunità ebraiche italiane del 2012; dopo le letture pubbliche autorganizzate dei testi rituali in occasione di alcune festività ebraiche a Roma e Firenze destinate ad un pubblico esclusivamente femminile – e si tratta di testi la cui recitazione cantata è tradizionalmente destinata agli uomini -; un libro arriva a dare corpo a questo percorso. Si tratta di Maschio e femmina Dio li creò – La donna nell’ebraismo di Sovera edizioni (pp.142, euro 12): miscellanea di studi di autrici con presentazione (e, evidentemente, benedizione) di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma. Nella prefazione la curatrice Sharon Pavoncello segnala l’esistenza di pregiudizi che definiscono l’ebraismo «antifemminista» e il volume affronta alcuni dei nodi che rappresentano il «nocciolo duro» della questione. Spiace però, in alcuni casi, l’uso approssimato dell’aggettivo femminista, quasi fosse un lemma senza storia e articolazione.

«Nei luoghi di maggior presenza ebraica, dagli Stati Uniti ad Israele – afferma Di Segni nelle pagine introduttive- il dibattito riempie oramai molti scaffali delle biblioteche (…). In Italia, abbiamo solo qualche eco del dibattito esterno». Il volume  giunge così a colmare un vuoto, ma con un approccio curiosamente autarchico: pochissimi sono infatti i riferimenti alle riflessioni delle donne ebree che colmano le biblioteche all’estero.

Un’assenza non casuale che merita di essere sottolineata: quello delle autrici di Maschio e femmina Dio li creò sembra sostanzialmente un percorso solitario, dalla legittimità pubblica incerta: scotto forse dovuto alla novità dell’approccio di genere per le questioni che esulano dalla specificità del ruolo che la tradizione ortodossa assegna alla donna. D’altro canto è il pregio del volume riflettere implicitamente le differenze interne della realtà femminile ebraica italiana: se alcune autrici ricostruiscono una rassegna – personale e autonoma – senza introdurre elementi di novità e interrogazione dei testi, per altre è invece proprio a partire dalla riflessione autobiografica che l’interrogativo assume un’urgenza delicata e rispettosa. Non vi è niente di rivoluzionario né rivendicativo quanto la richiesta di ascolto, riconoscimento e dibattito.

I saggi diversi – anche robustamente – per approccio teorico, ripercorrono alcune delle questioni fondamentali del pensiero ebraico sulla donna: dall’esegesi dei passi biblici sulla creazione dell’ uomo, contemporanea e consustanziale alla differenza di genere, di Micol Nahon; alla difficile ricostruzione di un nuovo «patto» destinato da Dio alle donne in cui il riso della matriarca Sara restituisce al mondo il futuro, di Iaia Vantaggiato, storica firma de il manifesto. Dalla benedizione mattutina in cui le donne ringraziano Dio di «avermi fatto secondo la tua volontà» – differenza sostanziale con la corrispondente maschile che ringrazia, impudicamente e direttamente, «di avermi fatto uomo», di Sira Fatucci; all’analisi dei tre precetti specifici della donna – la preparazione dei pani del sabato, l’accensione delle candele per celebrare il giorno di festa e il rispetto delle regole della purezza sessuale – di Giordana Limentani. Di Ilana Bahbout è la riflessione sulla voce della donna, il cui canto è proibito nel corso della funzione sinagogale, e un saggio di carattere storico sul ruolo della donna e l’insegnamento – che implica, di converso, in modo niente affatto scontato, l’accesso della donna agli studi tradizionali – di Gaia Piperno e Hedva Nissim Ben Efraim.

I due saggi che concludono la raccolta sono di segno molto diverso: nel caso di Anna Colombo in «Le donne e la redenzione» si ripercorre il ruolo specificatamente femminile nel corso della schiavitù egiziana e la vicenda delle matriarche valorizzando l’approccio della tradizione mentre quello conclusivo di Donatella Di Cesare propone brevi biografie di filosofe ebree del Novecento: «Pur incomparabili l’una con l’altra sono geni atipici che devono al modo straordinario di coniugare ebraismo e femminilità le indimenticabili innovazioni che introducono nella filosofia».

Un libro smilzo e timido, un tentativo contraddittorio e ricco di riferimenti: qualcosa di più di una semplice increspatura.