«Sconvolti» a Cavriago
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«Sconvolti» a Cavriago

Emilia I dieci giorni bolscevichi che sconvolsero il mondo, videro la solidarietà di un paese emiliano, che Lenin ringraziò. Ora un suo busto - unico in Italia - testimonia in piazza quel legame centenario. La scultura fu fusa nel 1922 da operai dell’ucraina Lugansk. Nel 1942 fu bottino di guerra dei fascisti occupanti. Dopo la Liberazione fu restituito all’Ambasciata dell’Urss
Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 31 agosto 2017

Il 6 marzo del 1919, al primo congresso della Terza Internazionale, Lenin disse: «Compagni, si tenta di isolarci dal resto del mondo in modo tale che noi riceviamo i giornali socialisti degli altri Paesi come una grande rarità. Come una rarità ci è pervenuto un numero del giornale socialista Avanti! Vi leggo una corrispondenza sulla vita del partito da una località chiamata Cavriago – un piccolo paese, evidentemente, perché non si trova sulla carta geografica – e vedo che gli operai, dopo essersi riuniti, hanno approvato una risoluzione in cui si esprime simpatia al giornale per la sua intransigenza e dichiara di approvare gli spartachisti tedeschi. Ebbene, quando leggiamo una tale risoluzione di una qualsiasi sperduta Poschekhonie italiana, possiamo dire a buon diritto che le masse italiane sono per noi, che le masse italiane hanno capito cosa sono i socialisti russi».

DOVE SI TROVA Cavriago? In Emilia. È un paese a otto chilometri da Reggio Emilia. Noto in Italia e all’estero per essere l’unico, nel mondo occidentale, in cui oggi, in una piazza, è installato un busto di Lenin. I primi del Novecento il consiglio comunale, a maggioranza comunista, deliberò di donare alla causa della Rivoluzione la somma di 500 lire.

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Come ringraziamento per quel gesto, il 19 aprile del 1970, un busto di Lenin, in bronzo, verrà donato dall’Ambasciata a Roma dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche al Comune di Cavriago. In occasione del primo centenario della nascita di Lenin, a cui verrà intitolata una piazza del paese. Poco prima che le astronavi Salyut 1 e Soyuz 10 si agganciassero tra loro nel cosmo. Il busto fu realizzato nel 1922 da operai della città ucraina di Lugansk. Nel 1942 divenne bottino di guerra per le truppe di occupazione fascista che lo trasportano in Italia. Dopo la Liberazione, recuperato in Toscana, fu consegnato all’Ambasciata Sovietica di Roma. E nel 1970 arriva a Cavriago.

OGGI L’ORIGINALE è conservato in biblioteca e una copia – realizzata negli anni Settanta per preservare l’originale, vittima di alcuni attentati vandalici – è esposta adesso in piazza Lenin. Sono migliaia le persone che ogni anno passano da Cavriago per visitare piazza e busto. E ora tanti che vanno a farsi un selfie.

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IL VERO E PROPRIO “romanzo” sul busto di Lenin che ho raccolto è nato dal mio incontro con alcuni pensionati del paese. È il loro racconto. Abbiamo passato insieme tante serate. Tra il 1989 e il 1991, di fronte allo sgretolarsi dell’Unione sovietica e alla scelta del Partito Comunista Italiano di cambiare nome, si erano stretti attorno al loro busto di Lenin nel tentativo di difendere, soli contro tutti e contro il corso inarrestabile della Storia, i simboli e i valori della loro vita di compagni, partigiani, lavoratori.

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Di giorno gli avversari politici cercavano di convincere il sindaco a togliere il busto o a sostituirlo. Di notte invisibili provocatori lo aggredivano in modo sempre più balordo e minaccioso: dipingendolo di «giallo vaticano», ricoprendolo di scritte o escrementi, cercando di trafugarlo o di farlo esplodere. Per conservarlo intatto al centro della piazza i compagni pensionati organizzarono una loro personale resistenza fatta di turni di guardia e ostinata contro-informazione in ogni luogo di Cavriago: i bar, il bocciodromo, il centro sociale Marabù, la biblioteca, la casa della carità gestita dalle suore, l’ipermercato, la piazza e anche il night Golden Music, gestito fino a qualche anno prima proprio dal Partito Comunista Italiano, dove ultimamente, tra lo sgomento dei compagni pensionati, cominciavano a prostituirsi ragazze provenienti proprio dalla ex Unione sovietica e dai Paesi dell’Est dell’Europa. E i pensionati comunisti chiedevano alle ragazze: «Perché adesso che ci sono la libertà e il capitalismo anche nei vostri Paesi, siete venute in Italia a lavorare in un night club». E le ragazze rispondevano, pressapoco: «Il capitalismo è la libertà di prostituirsi».

DURANTE UNO dei nostri, tantissimi, incontri serali Bruno Ferrari, uno dei pensionati, quello che si definiva il custode del busto di Lenin, mi disse: «Oggi ho sentito la voce di Lenin». Gli dissi che non era possibile, il busto era solo un pezzo di bronzo, una statua. Lui, serio, guardandomi negli occhi, rispose: «Se i cattolici possono sentire la voce di Dio e nessuno si scandalizza, anche io posso sentire la voce di Lenin. È solo questione di fede». Poi aggiunse: «Tutti adesso ripetono in continuazione che il mondo è cambiato e bisogna adattarsi. Io mi chiedo cosa vogliano dire. Adattarsi a chi? A cosa? Queste sono le stesse cazzate che i signori ripetevano al tempo del fascismo. Che i padroni ripetono da secoli ai lavoratori, ai poveretti, agli sfruttati! Apriamo gli occhi, dio Santo! Qui non c’è storia. Nessuna evoluzione. L’uomo è la bestia malvagia e assassina di sempre. E se qualcosa è cambiato, è solo in peggio. E gli ideali comunisti rimangono i più validi che io conosco. Io non mi vergognerò mai di essere un comunista, compagni. Io mi vergogno solo della vostra vergogna!».

DI FRONTE A UNA vecchiaia vissuta con tanto orgoglio e combattività, ma anche immersa in quella profonda e drammatica crisi d’identità individuale e collettiva, ho deciso di fare come Giovannino Guerreschi: se lui, nel don Camillo, parlava con il crocefisso di Brescello, anche Bruno e i suoi compagni pensionati, a un certo punto del romanzo, avrebbero potuto iniziare a parlare liberamente con il busto di Lenin. Per questo ho deciso di farlo parlare di nuovo.

Sabato #Rosso17, il programma

Cavriago, paese a 8 chilometri da Reggio Emilia, da anni è nota in Italia e all’estero per essere l’unico Comune nel mondo occidentale in cui oggi, nella piazza omonima, è installato un busto di Lenin in bronzo. Proprio qui, sabato 2 settembre, da metà pomeriggio a notte fonda, si svolgerà l’evento Rosso#17.

Perché questa festa? Rispondono i ragazzi che l’hanno organizzata: “Per ricordare i cento anni della Rivoluzione d’Ottobre e ricordare a tutti che, al di là di tutte le divisioni della cosiddetta Sinistra, le parole pace, uguaglianza, progresso e democrazia sono ancora oggi le istanze della presente e futura umanità”.

Dalle ore 16 alle 20 installazione/performance “Il busto che parla: la voce di Lenin” di Giuseppe Caliceti, autore del romanzo “Il busto di Lenin” (Sironi editore).

Alle ore 20 concerto della Banda di Quartiere.

Alle ore 21 e 30 l’attore Ivano Marescotti leggerà il discorso di Lenin della Prima Internazionale in cui viene citato il paese di Cavriago. Alle ore 22 concerto della Banda POPolare dell’Emilia Rossa con le canzoni di lotta e di resistenza di ieri e di oggi. Per tutta la durata dell’evento sarà presente uno spazio street food a cura della Cantina Garibaldi.

Per realizzare l’evento, completamente autofinanziato, è attiva in rete una campagna di crowdfunding e saranno venduti specifici gadgets – magliette, stampe, manifesti, – realizzati dal fumettista Giuseppe Camuncoli.

Info: https://www.facebook.com/rossodiciassette/

Marescotti ha dichiarato: “Contribuire a valorizzare una storia come questa rappresenta per me, per i valori in cui credo, un grande onore”.

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