Nella pandemia erano eroi, ora sono trattati come bancomat. Non rispondono agli obiettivi della salute pubblica, ma a risparmiare i centesimi sulla pelle dei pazienti e sui loro stipendi. Ecco le vittime dell’austerità, dell’aziendalizzazione della sanità e di 20 anni di blocco della spesa. Sono i medici e gli infermieri, aderenti ai sindacati Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up. Ieri hanno scioperato e sono andati in piazza da Nord a Sud. A Roma, in piazza SS. Apostoli, hanno srotolato uno striscione: «Rispetto». E questo è già un programma. Sui cartelli che hanno esposto i principi: «Senza di noi ti resta solo Google» o «La sanità pubblica non si svende, si difende». Non è finita di certo ieri. Uun altro sciopero è stato annunciato il 18 dicembre dall’intersindacale medica (gli anestesisti Aaroi-Emac, Fassid, Fp Cgil medici e dirigenti, i veterinari e medici Fvm, Uil Fpl medici e veterinari, Cisl medici).

LO SCIOPERO È RIUSCITO: l’85% degli iscritti ai sindacati ha aderito. Giornata dura per i pazienti, anche se le prestazioni d’urgenza sono state garantite. Ma la situazione è grave. Sembra che si sia arrivati a un punto di non ritorno. Salvare la sanità, per salvare i suoi pazienti. E la giustizia sociale. Al governo è stato chiesto un incontro. Il problema non è se riceverà i sindacati, ma se sarà in grado di rispondere al problema di una sanità tradita dopo le frottole raccontate durante la piena del Covid.

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LE DIFFICOLTÀ DI MELONI & CO. rispetto a queste mobilitazioni sono dovute a un fatto: la loro retorica sullo stanziamento di 3 miliardi di euro supplementari al fondo sanitario nazionale è stata svelta. Per i sindacati è insufficiente. Il sistema è definanziato e allo stremo. Serve un piano. Ma il piano non c’è.

L’ELEMENTO DETONANTE della protesta è stato il taglio alle pensioni dei medici e dei lavoratori pubblici. Il governo sta cercando una soluzione. Un emendamento correttivo dovrebbe riguardare chi andrà in pensione entro il 31 dicembre e chi si ritirerà nel 2024 a 67 anni. Sulle pensioni anticipate i tagli dovrebbero decrescere fino al raggiungimento dei 67 anni o 42 anni e 10 mesi di versamenti. Le contro-misure prese dal governo potrebbero non essere sufficienti a fermare un «grande movimento di protesta che sta montando negli ospedali – ha detto Guido Quici (Cimo-Fesmed) – Questo sciopero è solo l’inizio di un percorso».

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«NON INTRAVEDIAMO l’energia politica per intervenire e comprendere fino in fondo la portata di una decisione sbagliata, uscita senz’altro dall’ufficio di qualche funzionario e che la politica ha adottato supinamente senza rendersi conto della catastrofe – ha aggiunto Flavio Civitelli, vice segretario Anaao Assomed – Le speranze sono poche perché gli interlocutori non sono preparati».

NON C’È SOLO LO «SCHIAFFO» della manovra dato a una categoria. Generalizzare la protesta: questa era l’idea che serpeggiava ieri. «Serve una mobilitazione generale: anche i cittadini scendano in piazza per difendere i diritti» ha aggiunto Civitelli. Progetto ambizioso, nel paese dove è più forte la passività mentre tra i sindacati è forte uno spirito corporativo. E c’è anche un altro problema: un ddl della Lega che prevede il carcere per i medici. «Chiediamo che venga ritirato perché è offensivo – ha sostenuto Pierino Di Silverio, segretario di Anaao Assomed – Siamo medici, non criminali».

UNA DELLE RICHIESTE è il finanziamento di nuove assunzioni. Secondo un’analisi di Anaao Assomed nel triennio 2019-2021 sono andati in pensione circa 12 mila camici bianchi. Nel triennio 2022-2024 andranno in pensione circa 10 mila medici specialisti. In sei anni 22 mila medici specialisti ospedalieri. Sembra sia in atto una fuga dagli ospedali. Dal 2019 al 2021 hanno abbandonato l’ospedale circa 9 mila medici per dimissioni volontarie. E si prevede che nel triennio successivo si licenzierebbero altri novemila. Tra pensionamenti e licenziamenti 40 mila medici specialisti in meno entro il 2024. «Lo sciopero è un grido di allarme, noi andiamo avanti, e se non ci sarà risposta arriveremo alle dimissioni di massa» ha detto Di Silverio (Anaao Assomed).

L’IMPOVERIMENTO del personale, e delle strutture, procede di pari passo con la «povertà sanitaria» e quella farmaceutica. Per il rapporto dell’Osservatorio sulla povertà farmaceutica, presentato ieri, nel 2023 già oltre 400 mila persone hanno chiesto aiuto per ricevere gratuitamente farmaci e cure, il 10% in più rispetto all’anno scorso. Dal 2017 al 2022 la spesa farmaceutica a carico delle famiglie è cresciuta di 1,84 miliardi di euro (+22,8%). Cittadinanzattiva, ieri ha solidarizzato con gli scioperanti, ha rilanciato la «Carta civica della salute globale» che affronta il problema dell’accesso alla salute per i cittadini più fragili. Sono necessari, tra l’altro, ambulatori a bassa soglia d’accesso, medici di medicina generale, pediatri per i minori stranieri, monitoraggio della salute in carcere. Ci vorrebbe una sanità pubblica, un welfare universale, un’altra cura.