Quanto accaduto nelle ultime 48 ore nel Mediterraneo centrale è la rappresentazione perfetta di un mare sguarnito da un sistema di soccorso: partenze comunque numerose, arrivi autonomi concentrati su Lampedusa, intercettazioni davanti alla Libia e ancora morti. Tra domenica e lunedì in più di 3mila hanno lasciato le coste libiche e tunisine.

LA PORTAVOCE OIM Safa Msehli ha dato notizia di cinque morti: la barca su cui viaggiavano si è ribaltata, i 40 superstiti sono stati soccorsi dai pescatori libici. Un altro naufragio è stato denunciato, sempre ieri, da Unhcr Libia: un cadavere recuperato e 23 persone scomparse nel mare. I 42 sopravvissuti sono stati ricondotti a terra dalla «guardia costiera» libica. Il caso era stato segnalato dal centralino Alarm Phone, che in serata ha lanciato l’Sos per altre 75 persone. I morti di ieri si aggiungono ai 506 migranti scomparsi quest’anno nel Mediterraneo centrale. Più del triplo di quelli dello stesso periodo del 2020. Domenica, invece, 700 persone sono state intercettate e riportate a Tripoli e Zawiya dai libici (dati Oim). Si sommano alle 7.096 catturate dall’inizio dell’anno e trasferite nei centri di detenzione, dove il sovraffollamento ha già creato tensioni e morti nelle scorse settimane.

Il ministero dell’Interno di Tunisi, poi, ha comunicato di aver bloccato nel fine settimana 12 partenze. La sua guardia costiera ha fermato i barchini vicino Sfax, Nabeul, Kerkennah e Monastir. A bordo 345 migranti, di cui 162 di nazionalità africane. Sono finiti in arresto.

CIRCA 2.200 PERSONE, invece, sono riuscite ad arrivare autonomamente a Lampedusa tra domenica e lunedì. La maggior parte erano partite dalla Libia, in particolare dalla città di Zuwara. Tra le nazionalità: Marocco, Egitto, Algeria, Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Ciad, Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Bangladesh, Pakistan. Proprio da Zuwara sono arrivati due grandi motopesca che trasportavano 325 e 398 persone e forse anche il terzo con 352 (in totale rappresentano quasi la metà degli sbarchi).

«Chi arriva dalla Libia è sotto shock. Il viaggio è lungo e durissimo. Spesso le persone hanno subito gravi violenze. Come una ragazza somala poco più che ventenne incontrata lunedì mattina al molo Favarolo. È stata massacrata in un centro di detenzione libico. Non riesce più a camminare a causa delle percosse subite sulle gambe con delle catene. Durante il viaggio dal suo paese ha assistito all’uccisione della sorella e poi di un’amica», racconta Elisa Biason, operatrice di Mediterranean Hope. Il progetto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia offre assistenza a chi sbarca insieme al Forum Lampedusa solidale.

IERI, DOPO UNA NOTTE trascorsa sul molo in condizioni difficili, circa 500 migranti sono stati trasferiti nell’hotspot di Contrada Imbriacola. Altri 200 sono stati imbarcati sul traghetto di linea per Porto Empedocle (minori che passeranno a terra l’isolamento sanitario). 317 sono andati sulla nave quarantena Splendid a cui si aggiungerà la Azzurra, appena avrà risolto le difficoltà ad attraccare causate dalle condizioni del mare.

Le partenze massicce degli ultimi giorni spazzano via in un colpo solo la teoria del pull factor, secondo cui gli assetti di soccorso, civili o statali, rappresenterebbero un fattore di attrazione dei migranti. Nella zona di ricerca e soccorso non ce n’erano. Anche per questo tutti gli sbarchi si sono concentrati a Lampedusa, senza possibilità di distribuzione tra i porti siciliani. Le navi Ong Aita Mari e Sea-Eye 4 (alla prima missione) sono partite sabato e domenica dai porti spagnoli di Adra e Burriana, ma sono ancora lontane. Ocean Viking è in quarantena ad Augusta. Alan Kurdi, Open Arms, Sea-Watch 3 e Sea-Watch 4 sono in stato di fermo amministrativo.

PER QUEST’ULTIMA il provvedimento di blocco è stato ripristinato sabato scorso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia, che ha ribaltato la precedente sospensione del Tar. Il ministero dei Trasporti, da cui dipende la Guardia costiera, aveva presentato ricorso, in attesa che la Corte di giustizia Ue interpreti la normativa (difficilmente avverrà prima del 2022). Per le autorità la Sea-Watch 4 e le altre navi detenute non rispettano alcune misure di sicurezza e protezione dell’ambiente marino. La decisione del tribunale siciliano prelude a nuovi e lunghi fermi. «Alle navi umanitarie viene chiesto di adeguarsi a criteri che la stessa Guardia costiera non ha mai chiarito, creando un pretesto per determinare arbitrariamente chi può essere soccorso e chi continuerà a morire o essere respinto illegalmente», attacca Sea-Watch.