La stravagante gestione dell’ordine pubblico durante il corteo alla Sapienza di martedì scorso, culminata con l’arresto di due manifestanti, ha avuto due effetti. Entrambi non voluti. Il primo è stato quello di ricompattare il movimento studentesco che da mesi protesta contro i legami tra la Fondazione di Leonardo Med-Or e gli atenei e contro i progetti di ricerca dual use con Israele.

IERI, NONOSTANTE LA PIOGGIA, l’assemblea indetta dai collettivi di Sapienza for Palestine era gremita. Circa 400 persone, inclusi docenti, personale amministrativo e qualche osservatore di Amnesty International, venuto a verificare che non ci fossero ancora incidenti, hanno discusso per tre ore degli strumenti per mandare avanti la mobilitazione sotto lo striscione con scritto: «27 refertati vogliamo i vostri medici». L’assemblea era stata anticipata da un’altra riunione dei Cobas in solidarietà ai ragazzi in catene.

La decisione finale è di non smobilitare, nonostante la notizia che sarebbero state denunciate alla magistratura 32 persone, tra cui 2 minorenni, per l’occupazione del rettorato dello scorso 25 marzo. «Lo abbiamo letto anche noi, a nessuno è ancora arrivato niente – dice Anita che studia Giurisprudenza – notiamo però lo straordinario tempismo con cui è stata diffusa la notizia, coerente con la narrazione che i violenti saremmo noi».

«NESSUNO SI È ANCORA PRESO la responsabilità delle cariche della polizia e degli arresti, abbiamo inviato la rettrice ma non vuole confrontarsi, noi rimaniamo sulla nostra posizione e continuiamo a chiedere il boicottaggio dei bandi con Israele perché non vogliamo studiare per essere complici dei conflitti», commenta Francesco. L’invito è a ritrovarsi stamattina alla manifestazione dei Fridays for Future per poi continuare con l’assemblea, in vista dei processi dei ragazzi arrestati, il 22 e il 23 maggio prossimi.

Continua, nel frattempo lo sciopero della fame dei due attivisti di Cambiare Rotta che nella giornata di ieri si sono incatenati alla porta di ingresso del rettorato. L’altro effetto che hanno causato le cariche agli studenti di martedì scorso è stata la sconfessione dell’operato della rettrice della Sapienza Polimeni da parte degli altri rettori. Nel consueto paludato linguaggio istituzionale, non pochi rettori in arrivo a Roma per l’appuntamento della Crui hanno dichiarato non aver apprezzato i manganelli.

«Ferma restando la solidarietà ai colleghi de La Sapienza, ci vuole una riflessione da parte di tutti, me per primo, per capire se abbiamo fatto il possibile per stemperare le tensioni e far capire agli studenti che c’è contraddizione tra la richiesta di pace in Medio Oriente che personalmente condivido e alcuni atti a cui abbiamo assistito – ha detto il rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi – certamente non vogliamo la chiusura delle università o la loro militarizzazione». E quello del Sannio, Gerardo Canfora, «i giovani hanno il diritto di protestare ma senza superare i limiti della legalità. La strada del dialogo va perseguita, certo ci sono stati degli eccessi».

«NON VOGLIAMO FORMARE le opinioni degli studenti ma l’autonomia critica affinché i ragazzi si formino una propria idea, non sarò certo io a dire ai ragazzi cosa è giusto e cosa sbagliato», ha dichiarato anche la presidente Giovanna Iannantuoni che agginge anche «non servono norme speciali per la sicurezza negli atenei, le proteste degli studenti sono più che legittime. Noi non siamo per la guerra ma per la pace e la libertà di espressione. Nelle università le mobilitazioni ci sono sempre state, vanno tollerate, gestite, comprese, valutate. Siamo contrari al pugno duro».

Alla fine sarà approvata una mozione che condanna i boicottaggi ma si esprime a favore del confronto con gli studenti e della pace. Nel documento si chiede di rispondere alle contestazioni «non diminuendo, o eliminando, le occasioni di confronto, ma al contrario proponendo occasioni anche aperte alla cittadinanza e dedicate ai temi controversi, da svolgersi nel modo più inclusivo», di «comunicare con chiarezza alla stampa e alla cittadinanza la natura degli eventi e la politica culturale che li sorregge».

I RETTORI CHIEDONO che ci si impegni a promuovere l’uso della diplomazia scientifica come strumento di pace, sostengono i progetti nazionali di accoglienza di ricercatori e studenti provenienti dai Paesi interessati dalla crisi, invitano a promuovere nelle università linee di ricerca per la trasformazione nonviolenta dei conflitti. «Una mozione democristiana», hanno commentato i docenti presenti all’assemblea degli studenti.