La Commissione europea fa sapere di seguire «molto da vicino» la vicenda, il ministro degli Interni Matteo Salvini a sua volta fa sapere che «ne prende atto» ma in tanto la nave Diciotti della Guardia costiera resta tra Malta e Lampedusa in attesa di sapere verso quale porto dirigersi e sbarcare i 177 migranti che ha a bordo. Vittima, come le navi delle Ong, dell’ennesimo braccio di ferro tra il governo maltese e il titolare del Viminale deciso a non accogliere più i migranti soccorsi nel Mediterraneo.

Al terzo giorno dal salvataggio dei migranti, avvenuto alle 3,07 del mattino di mercoledì in acque Sar maltesi, la nave della Guardia costiera resta dunque in navigazione nel Mediterraneo senza sapere dove andare. O meglio, senza che né Italia né Malta gli indichino il porto sicuro più vicino dove dirigersi. Giovedì la Diciotti ha chiesto alla Valletta di indicarne uno maltese ricevendo un rifiuto come risposta. Per Malta la nave non era tenuta a soccorrere il barcone con 190 migranti a bordo visto che il mezzo, a dire delle autorità maltesi, avrebbe rifiutato l’intervento dell’isola e comunque era in condizioni di navigare ed era stato rifornito di acqua, viveri e giubbotti salvagente. Circostanze negate dalla Guardia costiera, secondo la quale nel momento in cui è stato avvistato il barcone imbarcava acqua e aveva il motore fuori uso. Motivo più che sufficiente, a giudizio della Diciotti, per intervenire e mettere in salvo i migranti. A prescidere da dove si trovassero.

Da qui l’avvio del braccio di ferro: «L’Italia non ha appigli legali» per chiedere a Malta «di fornire un porto sicuro per quest’ultimo caso», fa sapere giovedì sera una nota il ministro degli Interni maltese Michael Farrugia, per il quale «il porto sicuro più vicino è Lampedusa». «Stranamente – prosegue la nota -il Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma non ha mostrato alcun interesse per la sicurezza dei migranti quando il barcone si trovava nella zona di ’Search and rescue’ della Libia e non ha fornito assistenza tra una zona Sar e l’altra». Quindi niente da fare.

Un balletto giocato sulla pelle dei migranti, 13 dei quali subito dopo il salvataggio effettuato dalla Diciotti mercoledì sono stati trasferiti a Lampedusa per motivi sanitari. E la nave si mantiene non distante dall’isola siciliana proprio nel caso si dovessero presentare nuove emergenze.
Intanto va registrata la posizione del governo italiano che, seppure in maniera non ufficiale, sembra prendere le distanze dal ministro degli Interni. La prova sarebbe nella decisione di prendere una ventina dei migranti tratti in salvo dalla nave Aquarius e sbarcati a malta in seguito a un accordo tra cinque stati membri. Ma anche dalla decisione assunta dalla Guardia costiera di procedere al salvataggio dei migranti senza chiedere prima al Viminale. Procedura del resto non richiesta (salvare un natante in difficoltà è un obbligo imprescindibile per chiunque navighi e non richiede nessun permesso) ma che avrebbe fatto infuriare Salvini, messo in scacco due volte in poche ore.

Resta da capire come potrebbe sbloccarsi la situazione questa volta. L’attenzione è tuta su Bruxelles e sulla Commissione europea nella speranza che si arrivi a un nuovo accordo che consenta alla Diciotti di dirigere verso un porto. Almeno ufficialmente, però, per adesso è tutto fermo. «Non sono al corrente ce vi siano contatti tra la Commissione e gli Stati membri – ha detto la portavoce, Tove Ernst -. ma come in passato siamo pronti, se c’è necessità, a fornire sostegno al coordinamento e prestare tutto il nostro peso diplomatico per soluzioni veloci».