Antonello Salis, in qualità di autore, e Franco D’Andrea, come motore creativo del suo nuovo trio, sono i fulcri di interesse di due recenti concerti alla Casa del Jazz per la rassegna Reloaded, l’unica manifestazione jazzistica che si tiene nella capitale, a parte singoli recital alla Cavea del Parco della Musica (Stefano Bollani vi ha suonato il 19).Atteso il trio di D’Andrea con Enrico Terragnoli (chitarra ed elettronica) e Mirko Cisilino (tromba), ultimo organico creato dal pianista-compositore (79 anni) per dare spazio alla sua continua e originale ricerca. La formazione ha suonato nel parco della Casa del Jazz proponendo materiali editi nel doppio cd New Things (Parco della Musica Records, uscito a metà marzo in piena pandemia). Franco D’Andrea costruisce musica basandola su intervalli che si possono definire «generativi», su cellule melodico-ritmiche che definiscono le coordinate di un panorama sonoro sempre in divenire.

L’IMPORTANZA strutturale degli intervalli è tale che denomina anche i brani: P4 sta per «quarta giusta» e m2 per «seconda minore», per esemplificare, con tutti gli incroci e le relazioni che si possono determinare. Non c’è nulla di astratto, tuttavia, nella musica che, incardinata sugli intervalli, pulsa attraverso le numerose variazioni timbriche generate dalla tromba (e relative sordine) di Mirko Cisilino, giovane jazzista friulano di grande fantasia ed enciclopedica competenza. Alla chitarra e all’elettronica di Enrico Terragnoli (da tempo coinvolto nella musica di D’Andrea) spettano funzioni di tessitura generale come di straniamento, accenni di walking bass come fraseggi alla Billy Bauer, linee tematiche e fondali astratti. Il pianista, dal canto suo, è sì il motore generativo ma in una diffusa polifonia che è, forse, memoria remota del jazz di New Orleans di cui D’Andrea si innamorò da ragazzino e che riemerge oggi evocando l’Original Dixieland Jazz Band, Louis Armstrong e Jelly Roll Morton, oltre a Lennie Tristano e a Monk cui, in piano solo, viene dedicato il secondo bis. ALMENO in parte inedito l’Antonello Salis che si è ascoltato il 15 sera, vuoi perché dedito alla sola fisarmonica vuoi perché la quasi totalità dei brani proposti, insieme alla Tankio Band, erano di sua composizione.

LA SOLARE bellezza e la policroma varietà dei temi di Salis spesso si perde nella ricchezza dei suoni e nell’enfasi solistica del pianista-fisarmonicista. Nella serata romana, invece, l’arioso Next Stop, il dolente Ciao Pina, l’adrenalinico Paparazzi, l’effervescente Verderame, il mingusiano Nogales e il funkeggiante Knock Out si sono apprezzati negli arrangiamenti pensati da Riccardo Fassi (leader e pianista) per una big band ma adattati (causa Coronavisus) per un quintetto con Sandro Satta (sax alto), Torquato Sdrucia (sax soprano e baritono), Steve Cantarano (contrabbasso) e Pietro Iodice (batteria).
Di notevole bellezza, tra l’latro, il duo piano/fisarmonica sul fassiano Giallo evanescente. Peccato che il pubblico delle serate non sia stato numeroso; c’è da augurarsi che i jazzofili non abbiano rinunciato all’insostituibile dimensione dei concerti dal vivo.