Sono contenta che nella giornata in cui ricorre il triste secondo anniversario della scomparsa di Rossana venga presentato, alla casa delle donne di Roma, il libro curato da Gabriele Polo e edito dalla casa editrice della Cgil Futura (e questo è già qualcosa che sottolinea la costante attenzione che Rossana ha sempre avuto per il sindacato e la classe operaia). Perché, come dice il titolo, tratta dei due movimenti storici che sono stati la sostanza della sua vita, il comunismo e, come risultato di un’esperienza più tardiva – il femminismo.
Che rapporto c’è fra i due e, anzi, domanda più grossa sottesa: è possibile avere un partito in comune?

PER APPRODARE a un pensiero ricomposto credo si debba partire da una ricognizione sul femminismo, il più nuovo dei due movimenti, e quello che, a partire dagli anni ’70, ha più lavorato su sé stesso (cosa, ahimé, che non ha colpevolmente fatto quello comunista), tanto da esser oggi denominato «il nuovo femminismo». È su questo che Rossana si è molto interrogata negli ultimi anni, tant’è vero che le tante iniziative che si sono tenute dopo la sua morte si sono quasi tutte fatte su questo argomento (tanto da costringermi ogni volta a ricordare che Rossana è stata anche, e direi soprattutto, una militante comunista a tutto tondo, nella versione Pci e in quella Manifesto e Pdup.

Fu lei a svolgere la relazione al congresso del Pdup per il comunismo tenuto a Bologna nel ’76, il primo che sancì la nascita del nuovo partito nato dall’unificazione fra il «nostro movimento organizzato» e quello cui avevano dato vita Vittorio Foa e quanti come lui non avevano voluto seguire il loro partito, il Psiup, quando decise, dopo la sconfitta elettorale del ’72 (non presero il quorum) di entrare nel Pci.

ROSSANA HA INSISTITO sempre sull’importanza del concetto base del nuovo femminismo: che le donne devono scoprire innanzitutto chi sono, e si tratta di un lavoro lungo tutta la vita, perché hanno finito per soccombere ad una identità che non sono state loro a disegnare, ma che è stata cucita loro addosso dai maschi. I famosi «gruppi di autocoscienza», che si moltiplicarono nella seconda metà degli anni ’70 e che noi della vecchia generazione stentammo inizialmente a capire, proprio a questo interrogativo, che non si erano mai poste, avevano cominciato a rispondere: chi siamo.

Risposta difficile perché le donne sono rimaste impigliate nel grande storico imbroglio del pensiero c.d. neutrale, su cui è costruito il nostro intero sistema sociale giuridico politico, che fa riferimento a un cittadino neutro, che è però tutto disegnato sull’identità maschile. L’ineguaglianza ha qui la sua base.
Si tratta dunque di fare una rivoluzione, che è però ben diversa da quella invocata dal comunismo che vorrebbe sopprimere i padroni, mentre le donne i maschi li amano. E per loro è vitale – ecco il problema – prevedere anche una ricomposizione. E dunque cominciare non solo a costruire l’identità femminile ma anche di ricostruire, dopo averla smantellata, una nuova identità maschile.

UN’OPERAZIONE che ovviamente spetta ai maschi, che è ora che comincino a lavorarci, ma cui le donne non possono rimanere estranee. Per il femminismo è un passo importantissimo perché si tratta di passare dall’essere movimento di parte ad essere protagoniste della rivoluzione universale.
Non è facile nemmeno per il comunismo, perché deve riconoscere il suo esser di parte, e per cambiare deve cominciare a considerare sé stesso come forza per ora mutilata, transitoria, aperta al dubbio, impegnata fino in fondo in una propria nuova rivoluzione.

E perciò occorre rimandare per ora la nascita di un partito in comune? Forse si può anche collaborare – in parte si sta cominciando a farlo – ma la condizione è che ognuno sia consapevole della propria parzialità. Un’operazione molto più difficile per i maschi, perché un conto è mirare a una conquista, un altro prepararsi a una rinuncia.
Il libro di Rossana che in questo anniversario consigliamo a tutte/i di leggere aiuta a procedere in questa ricerca perché non è assertivo, esplicita i propri dubbi, sollecita risposte. Lo proponiamo anche perché testimonia di un tratto forte della personalità di Rossana: il peso che ha sempre dato al pensiero degli altri, perché degli altri è restata sempre curiosa, non è mai caduta nell’autoreferenzialismo così comune fra gli intellettuali. Non a caso era comunista.

POICHÉ SIAMO ALLA VIGILIA di un voto e, contrariamente a come di solito è accaduto, non siamo più certi di quale sarà la scelta di compagni con cui pure abbiamo condiviso la storia, mi sono chiesta quale scheda avrebbe messo nell’urna Rossana.
Di certo so che una ne avrebbe messa, non si sarebbe astenuta per nessuna ragione, anche in un momento come questo che suscita una simile tentazione. E avrebbe scelto un partito che abbia attenzione alla soggettività di ciascuna/o iscritto, e dunque alla sua crescita come protagonista diretto e non solo veicolante la parola di un leader. E per questo mai populista – tendenza oggi sempre più diffusa. E però nemmeno elitario. Un dato raro, che faceva dire con ironia a Togliatti che il Pci era anomalo come quello strano animale che si chiama giraffa.

Di partiti detti di sinistra oggi ce ne sono molti, di giraffe nessuna. Penso che Rossana, con saggio ma lungimirante realismo, avrebbe scelto chi meglio conserva la memoria, alternativa ma al contempo unitaria, e l’impronta della nostra storia comunista.

A Wikiradio oggi Roberta Carlini racconta vita e testi di RR
Il 20 settembre 2020 moriva a Roma, all’età di 96 anni Rossana Rossanda. La sua figura sarà raccontata a tutto tondo da Roberta Carlini nella puntata di Wikiradio che andrà in onda oggi, dalle 14 alle 14, 30 su Radio3. La narrazione di Carlini si svolgerà in gran parte sulla tessitura dei testi e parole della stessa Rossanda, attingendo ai suoi numerosi libri e documenti storici, prelevando frammenti dall’archivio delle trasmissioni radiofoniche, ascoltate sulla stessa rete negli anni precedenti. La biografia di RR è anche biografia del secolo, si partirà dalla sua nascita e formazione, tra Pola, Venezia e Milano; si passerà poi ai suoi studi umanistici, la sua partecipazione alla resistenza, l’iscrizione e la militanza nel Pci, il lavoro nelle fabbriche e quello alla Casa della cultura di Milano, fino agli incarichi romani e il parlamento. Si segue l’evoluzione dello scontro nel Pci, la nascita del «manifesto» e la radiazione del gruppo da Pci. Punti centrali dell’appuntamento sono poi la fondazione del quotidiano, Rossanda giornalista e il suo incontro con il femminismo.