Dei 181 emendamenti alla legge elettorale Rosato depositati ieri in commissione affari costituzionali al senato, ce ne sono circa 25 che dovrebbero essere votati in aula a voto segreto. Perché riguardano i diritti delle minoranze linguistiche. Sono gli emendamenti che serviranno al Pd per chiedere al governo di mettere la fiducia anche al senato, dopo la camera. E se a Montecitorio le fiducie sono state tre sui primi tre articoli del testo, a palazzo Madama saranno quattro, se non cinque. Ma prima si voteranno a scrutinio palese le pregiudiziali di costituzionalità che alla camera, sul nuovo testo, non sono state ammesse.
Tutto questo accadrà da martedì prossimo. Prima, lunedì pomeriggio, andrà in scena una piccola farsa in commissione, dal momento che l’approdo in aula della legge è già fissato per l’indomani e non c’è tempo per discutere e votare tutti gli emendamenti. Come già l’Italicum, anche il Rosatellum arriverà alla discussione senza aver concluso la fase referente e senza relatore; poco importa per la maggioranza Pd-Forza Italia-Lega e centristi che ha i numeri per blindare il testo. E spedirlo al Quirinale per la firma definitiva entro la fine della prossima settimana.

Se non sarà giovedì, perché quattro o cinque fiducie con il rito della chiama dei senatori richiedono molto tempo, il voto finale arriverà venerdì mattina. Nel frattempo ci saranno state almeno due manifestazioni contro la legge elettorale davanti al palazzo del senato. Martedì pomeriggio (alle 16) chiamano alla mobilitazione i giuristi del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Il giorno dopo, alle 14,30, sarà la volta di un sit in dei 5 Stelle che si annuncia assai più partecipato di quelli già tenuti davanti Montecitorio. Dentro l’aula, i senatori grillini assieme ai colleghi di Articolo 1-Mdp e Sinistra italiana tenteranno di rallentare l’approvazione della legge. Ma più dei loro interventi e del loro ostruzionismo, nelle maglie strette del regolamento, è atteso l’intervento (probabilmente già martedì) del presidente emerito Giorgio Napolitano. Contrario ad almeno un punto della legge (la previsione del capo della coalizione, che era nel Porcellum e nell’Italicum ed è rimasta in questa legge senza premio di maggioranza) e soprattutto alla decisione di apporre la fiducia (che sull’Italicum Napolitano, già senatore di diritto, non contestò).
Il presidente del senato Grasso, al quale Mdp e la sinistra hanno anche pensato come possibile leader, sarà messo sotto pressione dalle opposizioni. Ieri ha ricevuto la delegazione del Coordinamento che ha portato la richiesta «minima» di modificare il testo approvato alla camera introducendo il voto disgiunto, evitando il ricorso alla fiducia. Grasso ha auspicato che il numero di emendamenti da votare a scrutinio segreto sia il più basso possibile. E ha scambiato qualche battuta con l’avvocato Besostri sul siciliano Giuseppe Paratore, suo predecessore alla guida di palazzo Madama fino alle dimissioni del ’53. Originate proprio dalla richiesta di fiducia sulla legge truffa.