Quasi alla fine del quinto anno di pontificato (13 marzo 2018), la “rivoluzione” di Francesco continua a dividere mondo cattolico, osservatori laici e stampa. Gli ultrà del papa argentino la evocano ogni giorno, anche in questo 2017 appena concluso, trasformando ogni gesto di Francesco, compreso il più innocuo, in rivoluzionario.

Gli oppositori, specularmente, gridano alla rivoluzione, ma con timore e terrore, denunciando ogni atto come eversivo del bimillenario ordine costituito, capace di far naufragare la barca di Pietro nel mare tempestoso del relativismo, del terzomondismo, addirittura del comunismo.

Poi c’è la narrazione della rivoluzione mancata perché ostacolata dalla Curia cattiva. Una narrazione particolarmente di successo in un anno in cui i numeri 3 e 4 della gerarchia della Santa sede (il card. Müller, fino a luglio custode dell’ortodossia come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e il card. Pell, superministro dell’economia di Oltretevere, da giugno in Australia a difendersi dalle accuse di pedofilia), insieme al revisore generale dei conti del Vaticano (Libero Milone, a giugno) e al vicedirettore dello Ior (Giulio Mattietti, a novembre) sono stati allontanati dai Sacri palazzi.

E rafforzata dalle parole di papa Francesco ai cardinali per gli auguri di Natale: «Fare le riforme a Roma è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti».

Ma quale rivoluzione? In realtà non è mai stata all’ordine del giorno, se alla parola assegniamo l’autentico significato di mutamento radicale delle strutture. Le riforme sì. Più decise quelle finanziarie (ma in ordine a trasparenza e legalità, non alla povertà), più modeste quelle curiali (accorpamento di dicasteri) e liturgiche (autonomia alle Conferenze episcopali nazionali per la traduzione dei testi), senza intaccare la dottrina.

Tuttavia sono cambiate la percezione e la prassi, con il lento spostamento dal primato della Verità (i «principi non negoziabili», non archiviati ma collocati in seconda linea) alla centralità delle questioni sociali (migranti, ambiente, disarmo). Per la Chiesa cattolica non è poco.

Il 2018 sarà l’anno della rivoluzione? Probabilmente no. I nodi da affrontare, scogliere e tagliare ci sarebbero, ma resteranno lì, temperati dalla pastorale di misericordia.

Gli scontri, mediatici e non, continueranno. E la barca di Pietro proseguirà la propria navigazione.