Nella memoria collettiva, tra la fine degli anni Sessanta e i Settanta, l’Italia vive un’epoca buia, stretta fra il terrorismo rosso e nero e le strategie destabilizzanti allestite dagli strateghi della tensione. Dal titolo di una famosa inchiesta televisiva a puntate curata da Sergio Zavoli, venne chiamata «la notte della Repubblica», una lunga zona d’ombra la cui percezione, tra misteri e falsificazioni, ha a lungo dominato il dibattito pubblico. La forza di questa rappresentazione ha fatto dimenticare gli altri anni Settanta, un’intensa stagione di partecipazione democratica che, iniziata nel decennio precedente, ha cambiato profondamente il paese: parte da questa constatazione, e si dedica a svilupparla, il nuovo libro di Simona Colarizi, Un paese in movimento L’Italia negli anni Sessanta e Settanta (Laterza, pp. 163, € 18,00).

Scritto con tono lieve, e qua e là evocativo, questo agile volume è un viaggio nella memoria di quei fatti e di quelle vicende che sfuggono alla categoria, invasiva e anche un po’ opprimente, di crisi. Con evidente intenzione se non didascalica certo pedagogica, l’autrice vuole ricordarci come la stagione politica del centro-sinistra, e delle riforme, sia stata legata a una straordinaria fase di allargamento della partecipazione democratica. L’obiettivo, dichiarato, è quello di contrastare la tendenza a vedere nella contestazione giovanile e nella protesta operaia solo una reazione al fallimento delle riforme dei governi di centro-sinistra, valorizzando viceversa un’intera fase storica come quella che ha consentito la costruzione di una compiuta democrazia.

Vengono così passate in rassegna tre generazioni di giovani che hanno incontrato la politica, rinnovandola, e passandosi, per così dire, il testimone dall’una all’altra: la prima è quella dei «ragazzi con le magliette a strisce» (così chiamati da Camilla Cederna), che fece la sua entrata in piazza a Genova nel 1960, contestando duramente il governo Tambroni di centro-destra; la seconda è quella che si rese protagonista nell’autunno caldo del 1968, delle occupazioni delle università e dei giorni drammatici che seguirono la strage di piazza Fontana; la terza, infine, è quella dell’autonomia, emersa nel 1977 e destinata a incrociare la punta estrema del sovversivismo terrorista, segnata dal rapimento e dalla uccisione di Aldo Moro.
Questi giovani rappresentavano le contraddizioni di un paese cresciuto negli anni del boom economico, della scomparsa del mondo rurale, dell’urbanizzazione, dell’immigrazione dal sud; e ne esprimevano le reazioni, le domande, le insoddisfazioni. Come disse nel 1962 un giovane operaio intervistato da Livio Zanetti: «non sono né rosso né bianco né giallo: sono soltanto un po’ stufo». A questa tensione diede sfogo e soluzione la crescente politicizzazione di quegli anni: nei sindacati, nei partiti, nei gruppi operaisti e poi nelle formazioni della «nuova sinistra».

Per capire la portata di una rivoluzione antropologica, bisogna, sottolinea Colarizi, ricordarsi di cos’era l’Italia lungo il primo quindicennio del dopoguerra: un paese guidato da una classe dirigente educata in epoca fascista, portatrice di una visione autoritaria delle relazioni sociali, e oppresso da una spessa cappa confessionale: a metà degli anni Cinquanta Fausto Coppi e la sua mitica «Dama bianca» furono condannati in giudizio per la loro relazione adultera e ancora nel 1957 il vescovo di Prato aveva definito «concubini» due giovani regolarmente sposati in municipio.

Fu questo clima a far sì che antifascismo e anti-autoritarismo si incontrassero e si fondessero in tante battaglie pubbliche, rifondando i termini della convivenza civile e costringendo la classe politica ad adeguarsi. Alle riforme in campo urbanistico, sanitario, nell’organizzazione della scuola e della giustizia, si accompagnarono lo statuto dei lavoratori approvato nel 1970, la legge sul divorzio, cui seguì il referendum abrogativo proposto nel 1974 dalla Dc e sconfitto, e infine la legge sull’aborto. Nel suo insieme, ricorda Colarizi, durante questi altri anni Settanta l’Italia si mosse e fu capace di superare la drammatica stagione del terrorismo e dello stragismo senza interrompere il suo percorso democratico, e divenendo finalmente un paese moderno.