Annunciando che avrebbe fatto «tutto il necessario per salvare l’euro», nel 2012 il governatore della Bce Mario Draghi è riuscito a stabilizzare la moneta. Ma non ha risolto il debito pubblico dei paesi della periferia (133% del Pil in Italia) e l’enorme peso degli interessi passivi che questi continuano a pagare sul debito pregresso (in Italia 80 miliardi di euro l’anno, circa il 5% del Pil), mentre la Germania è favorita da tassi d’interesse negativi.

Per correggere (lievemente) questo squilibrio, da Berlino è ora venuta la proposta di creare un fondo comune in cui i paesi con i tassi più bassi trasferirebbero una parte dei guadagni ai paesi con lo spread più alto, in cambio di programmi di «riforme strutturali».

Sarebbero pochi soldi, limitati al debito di nuova emissione, senza alcuna mutualizzazione dei rischi. La soluzione del problema del debito pubblico nell’eurozona richiede invece una responsabilità comune sul debito, un nuovo ruolo della Bce e l’introduzione di eurobond. Molte le proposte: il Consiglio tedesco degli esperti economici ha proposto di mutualizzare la parte del debito dei paesi sopra il 60% del Pil.

Bofinger, consigliere di Berlino, propone la versione più leggera: l’emissione di «euro-bundles» il cui valore verrebbe ripartito in base alle dimensioni dei paesi, con tassi d’interesse differenziati.

Romano Prodi e Alberto Quadro Curzio prevedono un nuovo fondo che emetta eurobond con garanzie reali (tra cui l’oro delle riserve nazionali), limitando i rischi per la Germania.

Altri insistono su eurobond le cui risorse siano utilizzate per investire nella riconversione ecologica dell’economia e nella ricostruzione delle capacità produttive della periferia: una nuova spesa pubblica a livello europeo che potrebbe rilanciare la domanda e mettere fine alla depressione.