Secondo Francesco Renda l’articolo 416 bis, approvata nel 1982 la legge Rognoni-La Torre, costituì «una svolta nella storia della mafia e nella storia della civiltà giuridica italiana».

Esso aggiungeva all’articolo 416 del Codice Penale «due novità fondamentali mai prima accolte: ‘lo specifico delitto della associazione mafiosa’ e la confisca dei beni illecitamente acquisiti dagli associati mafiosi».

Novità di legge che hanno consentito di imprimere un forte impulso alla azione di quanti, nel corso dei quarant’anni dal 1982 fino ad oggi, si sono impegnati nella lotta contro i delitti di mafia.

«Comunque, a parte le cifre, dal 1982 al 2007 risulta dimostrato che il mercato mafioso è in ascesa esponenziale e la società mafiosa vista negli ambienti confindustriali come la società finanziaria più grande del continente e una delle maggiori di tutto il pianeta».

Traggo le considerazioni di Renda da un suo dialogo con Antonio Riolo, pubblicato nel 2008 da Ediesse con il titolo “Liberare l’Italia dalle mafie”.

Dunque il 416 bis, dispositivo necessario, non è tuttavia bastevole a che possa ottenersi un risultato pieno nell’opera di contrasto alla mafia quand’essa sia intesa ad una sua completa sconfitta.

Argomenta, in proposito, Renda: «La mafia, come si evince dal suo essere associazione criminale organizzata di tipo speciale, è costituita da due distinte entità: dall’essere associazione criminale organizzata e dall’avere diffusi rapporti con la società, con la politica, con le istituzioni e con il potere».

Così, se il 416 bis consente di perseguire le azioni mafiose come criminali, non riguarda per alcun verso la pur specifica, peculiare ed eminente essenza della mafia, quella non criminale, l’altra ‘entità’ come la dice Renda, che non è contemplata dall’articolo 416 bis, e che non è di pertinenza dell’azione giudiziaria.

Vale la pena di seguire Renda nel suo lineare, piano ragionamento: «Il fenomeno dei rapporti mafiosi con la società, con la politica, le istituzioni e il potere invece – il fenomeno nel suo insieme, non gli eventuali rapporti e connivenze di carattere criminale – non è, non può e non deve essere materia di azione giudiziaria, ma soprattutto di azione politica allo stato puro».

E aggiunge: «Il consenso, le idee, i sentimenti, le ideologie non vanno combattute con il codice penale. Ma con l’opporre consenso a consenso, idee a idee, sentimenti a sentimenti, ideologie con ideologie». D

unque la mafia è sentimento, idea, consenso. Ovvero mafia è cultura. E come ogni cultura si afferma positiva, agisce e storicamente si determina. Opera e, con il vigore delle radici profonde che le danno robusti e secolari alimenti, mutando e trasformando se stessa, volta a volta si configura, nella continuità, nuova e attuale

. I suoi rapporti con la società vanno riconosciuti, più precisamente, come vere e proprie giunture, solidali e connesse, che compongono uno dei legamenti interni, ben identificabile tra quelli di più rilevante tenuta e permanenza, propri del complesso costitutivo della società italiana.

La mafia presente nei primi decenni del Regno d’Italia. La mafia attiva nel passaggio dell’Italia dalla Monarchia alla Repubblica. Dunque rapporti, quelli della mafia italiana, da intendersi come relazioni determinate, operanti e attive nella fibra interna dell’organismo sociale e della sua crescita, non estranei all’assetto istituzionale, compresi nell’impianto statuale.

Su premesse di questo tenore, si può ben comprendere e apprezzare nella sua consequenzialità, il rilievo di Renda allorché afferma: «Il compito di annullare tali rapporti è compito della società, della politica, delle istituzioni, del potere, e la liberazione da tali rapporti è da intendersi come un’autoliberazione».

Autoliberazione: da questo punto di vista, da questa angolatura va posta la questione della mafia in Italia. Nella rappresentazione corrente e diffusa la mafia è presentata come un «altro» criminale che si affronta, che eventualmente si combatte, con il quale si può avere o non avere contatto.

Costatare che una iniziativa di liberazione dalla mafia è in realtà un processo di autoliberazione rovescia molte consuetudini e molta falsa coscienza.