Domani il governo varerà il decreto sulla liquidità alle imprese: 200 miliardi per garantire i prestiti delle banche. Con un punto centrale ancora in sospeso: il progetto iniziale prevedeva di portare la garanzia dall’80 al 90% del prestito. Non è abbastanza: quel 10% scoperto impone infatti una serie di procedure burocratiche che rischiano di dilatare i tempi. Il ministro Gualtieri resiste a superare quella percentuale perché significherebbe violare le regole europee, per le quali comunque altri Paesi hanno già chiesto la deroga. I renziani vogliono una garanzia totale, al 100%. Il Pd, salomonico, suggerisce la via di mezzo: 95%. La soluzione di Gualtieri la illustra lui stesso in serata: «Garanzia al 100% sino a 800mila euro e garanzia al 90%, per 200 miliardi, fino al fatturato delle imprese di tutte le dimensioni».

IERI IL GOVERNO ha anche presentato i tre maxi emendamenti che accorpano i sei decreti sin qui emanati. Dovrebbero essere convertiti, con voto di fiducia già certo, l’8 aprile a palazzo Madama e il 30 a Montecitorio. Il voto sul prossimo scostamento di bilancio dovrebbe invece essere fissato subito dopo pasqua, il 13 o il 14 aprile. Ma la portata del nuovo scostamento, e quindi del nuovo decretone che seguirà a strettissimo giro, è ancora sconosciuta. Il governo mira a uno scostamento di 50 miliardi.

Per l’Europa sono troppi. Per i milioni di persone rimaste senza reddito il decreto fondamentale è quello. Ci sarà certamente il Reddito di emergenza, con copertura a partire dai 3 miliardi, che interesserà tre milioni di persone. Sul come strutturalo le forze di maggioranza hanno idee diverse e confuse. Renzi, come ormai persino Salvini, ammette l’urgenza del provvedimento ma recalcitra sullo strumento ad hoc: teme che diventi un sostegno a vita. Il Pd mira all’ampliamento del Reddito di cittadinanza ma solo fino ad agosto. LeU e i 5S obiettano che il Reddito d’emergenza deve restare in vigore sin quando sarà necessario e non lo si può prevedere oggi.

Il vero problema, proprio come per le casse integrazione, è individuare una via per erogare liquidità subito. «Non c’è un minuto da perdere», martella la capogruppo al senato di LeU De Petris. Il nodo è proprio quello: quei tre milioni di persone non possono aspettare settimane, i tempi della burocrazia, senza alcun reddito disponibile. Nel decreto legge ci sarà comunque di certo lo stanziamento a sostegno degli affitti, potenziando il già esistente Fondo per la morosità incolpevole.

L’INNALZAMENTO dell’indennità per autonomi e partite Iva è uno dei punti centrali sui quali insiste l’opposizione, come anche lo snellimento delle procedure per i crediti alle imprese. La vicenda della cabina di regia è diventata però una soap opera. Ieri nuovo incontro con nulla di fatto, non potendo presenziare Gualtieri impegnato sul fronte europeo.

Oggi dovrebbe essere la volta buona, quella in cui si sciolgono i nodi in sospeso: quali emendamenti e ordini del giorno il governo è disposto ad accogliere, e non ce ne sarà probabilmente nemmeno uno «di spesa», sino a che punto la maggioranza accetta una condivisione esplicita della gestione della crisi. «Noi siamo disponibili a una collaborazione leale e concreta ma ho l’impressione che una parte della maggioranza sia contraria all’accordo a priori», sostiene la presidente dei senatori Bernini. L’enigma si chiarirà oggi.

I decreti sono l’urgenza immediata, ma gli occhi del governo saranno puntati su Bruxelles, perché è lì che si gioca in settimana la partita strategica. La Francia gioca su due tavoli: da un lato concorda con la Germania l’uso del Mes, dall’altro lascia uno spiraglio per i titoli comuni, i «Coronabond», con limite di durata rigido di 10 anni. In quello spiraglio cercano di incunearsi, con troppa timidezza, Gentiloni e il presidente dell’Eurogruppo Centeno. Germania e Olanda restano irremovibili.

Dietro l’angolo c’è però un ulteriore problema che diventerà presto enorme: quello della «ripartenza». Le aziende mordono il freno. La realtà del contagio impone tempi lenti. Tutti hanno accolto la proposta di Zingaretti: una cabina di regia composta da governo, medici e presidenti di Regione. Potrebbe essere una soluzione. Ma potrebbe anche moltiplicare il caos invece di semplificarlo.