Una voce democratica rischia di essere spenta a Bologna. Entro il 10 gennaio l’editore NetLit srl ha deciso di eliminare dalla programmazione la cronaca cittadina e smantellare la redazione di Radio Città del Capo, emittente in onda da 33 anni. «Sarà azzerato lo spazio chela radio sta dando alla politica regionale in un momento decisivo per l’Emilia Romagna, a meno di un mese dalle elezioni regionali del 26 gennaio» denunciano i redattori dell’emittente.

LA STORIA di Radio Città del Capo è iniziata con Radio Città, fondata nel 1976 da giornalisti della redazione del quotidiano bolognese «Il Foglio». Era il tempo dell’esplosione delle radio libere in Italia. In quell’anno a Bologna nasceva Radio Alice. A Milano si formava la cooperativa di Radio Popolare e l’emittente iniziava a trasmettere sulle frequenze di Radio Milano Centrale. A Bologna Radio Città del Capo è nata nel 1987 a seguito delle divergenze di alcuni redattori di Radio Città dagli orientamenti della cooperativa legata a Democrazia Proletaria. Agli inizi degli anni Novanta la radio è stata una delle fondatrici di «Popolare Network».

DA DUE ANNI e mezzo la cooperativa NetLit è partecipata da Open Group, Mandragola Editrice e la Fondazione di «media literacy» Sotto i Venti. Fino a due mesi fa, raccontano dalla redazione, i soci hanno trovato un equilibrio, poi qualcosa si è rotto. «A causa di una visione strategica divergente, alla mancanza di condivisione di metodi e di modalità, il nostro rappresentante ha presentato le dimissioni dal consiglio di amministrazione» così Open Group, socio di minoranza con il 47%, ha ricostruito l’accaduto in un comunicato. Il presidente del Cda della cooperativa Renato Truce ha «dato l’ordine di sospendere quella che ritiene essere una “sperimentazione”, ovvero la cronaca locale. Per descrivere il nostro lavoro l’editore ha usato espressioni come “utilizzo indebito”. Ma per noi è invece il nostro lavoro di ogni giorno da 33 anni» sostengono i redattori che parlano anche di «pressioni al limite della vessazione verso i lavoratori della radio».

«SE PRENDI UNA RADIO che fa informazione locale da tanti anni, pretendi di trasformarla in una media education o in un’emittente nazionale la uccidi, non avrebbe più senso – aggiungono dalla redazione – Non ci sarebbe più un motivo per ascoltarci. Perché dovrebbero, visto che ci sono già Radio Tre o Radio 24? La radio copre ormai solo mezza città sulla frequenza 96.300, l’altra frequenza 94.700 è occupata dai programmi per l’alfabetizzazione mediatica. Tutto questo mentre da un anno e mezzo non ha più commerciali che cercano pubblicità». Dalla redazione chiedono che resti «tutto congelato fino allo scioglimento della società e fare tutto il possibile per salvare la radio senza sfasciare nulla».

«IL TENTATIVO di chiudere una delle voci storiche dell’informazione radiofonica bolognese è inaccettabile e va decisamente contrastato» sostiene Giovanni Rossi, presidente regionale dell’ordine dei giornalisti. Con i giornalisti si è schierato anche il comitato di redazione di Radio Popolare che definisce un «atto di prepotenza» il tentativo di «zittire» Radio città del Capo. Solidarietà «non formale» è stata data da Radio Città Fujiko che ha attraversato anch’essa gli oltre 40 anni di storia della radiofonia bolognese: «Un’eccezione italiana, e forse mondiale» dicono i redattori. «Riteniamo che il darwinismo economico o culturale sia una sconfitta. L’fm è già abbastanza omologato, non possiamo permettere un’ulteriore desertificazione».

RADIO CITTÀ del Capo è diventata un caso politico che coinvolge gli assessori bolognesi. «Confido che la proprietà si ravveda e che presto si trovi una soluzione» ha detto l’assessore al turismo, cultura e sport Matteo Lepore. Quello al lavoro Marco Lombardo convocherà un tavolo nei prossimi giorni. Per Simonetta Saliera, presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, non è accettabile «nessun ridimensionamento occupazionale». Elly Schlein e Igor Taruffi, candidati alle regionali con «Emilia-Romagna Coraggiosa» chiedono un «dibattito pubblico cittadino». Anche la candidata leghista alla presidenza della regione Lucia Borgonzoni ha dato la solidarietà e sostegno alla radio e si è detta «pronta a portare il caso anche all’attenzione del governo».