«Perché ho fatto questo film? Volevo avere l’ultima parola sui miei amici in una discussione che era diventata impossibile. A questo punto non potranno più dirmi nulla». Così Radu Jude racconta il suo nuovo Bad Luck Banging or Loony Porn, orso d’oro della Berlinale, dove lo scorso anno aveva presentato Uppercase Print e The Exit of the Trains – co-diretto insieme a Adrien Cioflanca – e con Aferim! nel 2015 ha vinto l’Orso d’argento per la migliore regia.

È UN GRANDE regista Jude, inventivo, ironico, spudorato, a ogni opera ci dice della vitalità di quel cinema rumeno che il governo non sostiene e che la pandemia sta travolgendo a quanto sembra nell’indifferenza istituzionale – ricordiamo la protesta di Nanau candidato agli Oscar con Colective che ha rifiutato la medaglia al Merito culturale del presidente rumeno Iohannis – forse perché troppo poco malleabile o indocile o con la capacità (ancora) di lavorare nelle immagini liberamente.

La «storia», per esempio. Non è certo lo script a guidare i film di Jude che pure sono sempre precisissimi nel comporre una trama in cui gli accadimenti assumono un senso chiaro, netto, seguendo un andamento quasi speculativo nell’uso dei riferimenti storici e del pensiero. Ma a guidare è sempre una costruzione visiva che schiva i generi e cerca nelle immagini risposte e significati, e che qui è organizzata in tre movimenti, con un prologo e un epilogo, in cui una singola vicenda si fa narrazione di un paese, la Romania, e di un’epoca, la nostra.

A ACCALORARE tanto Jude e gli amici era la storia di un’insegnante espulsa dalla scuola per dei video amatoriali postati in rete nei quali si vedeva mentre faceva sesso – proprio come è accaduto anche in Italia alla maestra d’asilo di Torino la quale in più era ignara della loro diffusione. Nel film la protagonista (Katia Pascarin) viene messa sotto accusa dai genitori del «prestigioso» istituto in cui insegna storia: in un video finito per sbaglio in rete l’hanno vista tutti mentre faceva sesso, i ragazzini e gli adulti che gridano allo scandalo e minacciano di ritirare i figli perché non vogliono che abbiano rapporti con una così – ovvero: una «puttana». Quello che hanno visto lo vediamo pure noi all’inizio del film: Emi che fa sesso divertendosi col suo partner in immagini di bassa qualità, amatoriali, prese da una live-cam. Il punto però non è cosa fa Emi con un tipo che poi sapremo essere suo marito ma il giudizio, o meglio la condanna che viene immediatamente pronunciata contro di lei per qualcosa che riguarda la sua vita privata – divenuta però «pubblica» nel passaggio in rete. Quale è dunque il «confine» della privacy? E cosa si giudica? Non si può fare sesso come ci piace in un contesto consenziente (ovviamente)? L’oscenità che le è imputata è in quel video o fa parte invece di un contesto sociale, si cela tra le ipocrisie nelle immagini «neutre» e quotidiane?

NEL PRIMO movimento – Strada a senso unico – Emi si prepara al momento del «processo», la seguiamo per Bucarest oggi, in quello che è il nostro paesaggio quotidiano – coi personaggi che indossano le mascherine Bad Luck assume i segni della pandemia, cosa che non avviene nella maggior parte dei film – fino alla casa della preside, insieme cercano di definire una strategia prima di affrontare le famiglie alle quali il valore del suo insegnamento – è una delle migliori – sembra non interessare affatto.
Nel secondo – Breve dizionario di aneddoti, segni e prodigi – lo scenario cambia all’improvviso: la «finzione» lascia posto a materiali d’archivio per un film-saggio su ciò che fonda la società rumena – e per molti aspetti un po’ tutte quelle occidentali: miti, eroi, poeti, narrazioni, religione, patria, famiglia, nazionalismi, patriarcato. Cosa cerca Jude tra quelle immagini? Forse il senso dell’oscenità? È osceno che la chiesa rumena abbia chiuso nell’89, le proteste contro Ceausescu le sue porte a manifestanti massacrati dall’esercito? Che davanti a uno stupro si può dire ancora che la donna era «consenziente» o che era «vestita in modo provocante»? Il patriarcato – l’immagine di un pene – che organizza ancora lo schema sociale? Che una donna maltrattata dal marito non può chiamare la notte la polizia ma deve aspettare il mattino? Che nella storia i massacri di rom e di ebrei sono stati commessi dai commandi rumeni in fretta per festeggiare il Natale?

ECCOCI infine al «processo» – Prassi e allusioni (sitcom) – nel cortile della scuola (per garantire il distanziamento), Emi siede alla cattedra, i genitori di fronte ciascuno incarnazione di un frammento della Romania attuale tra nuovi ricchi, esercito, clero, «moralismo comune» qualunque esso sia. Li ha infastiditi il pompino imperdonabile pure nel sacramento del matrimonio – la fellatio si associa alla prostituzione, anzi c’è chi dubita che fosse il marito. Alle accuse Emi risponde, rivendicando la sua libertà di fare sesso col marito come vuole, quel video era su un sito per adulti e i genitori così sensibili dovrebbero essere più attenti. Non può bastare è evidente. E mentre si va avanti in quella che è anche la parte più intensa del film, appare chiaro che il rispetto per Emi non lo hanno perduto gli allievi ma i genitori, e che a essere messo al bando è il suo lavoro – non a caso è una storica – le sue idee. Sarà mica ebrea chiedono inorriditi? Comunque finirà – di finali ce ne sono tre – il film di Jude è un magnifico esempio di un film politico con umorismo che coglie  senza schemi il mondo.