Di fronte alla grande crisi del 2007-2008 che ha investito in particolare l’economia e la finanza dell’Occidente in molti si attendevano una ripresa dei movimenti sociali contro la globalizzazione neo-liberista. Quelle mobilitazioni puntualmente arrivarono dentro e fuori l’Europa e gli Stati Uniti, rinnovando parzialmente quel ciclo di proteste «per una giustizia globale» che aveva caratterizzato la svolta del secolo.

GLI EFFETTI di queste mobilitazioni furono tutt’altro che politicamente univoche: accanto alla nascita di nuove famiglie partitiche che si richiamano alla cultura di sinistra e che hanno conquistato un certo radicamento in alcuni paesi (in particolare in Grecia e in Spagna), le elezioni politiche degli ultimi dieci anni hanno registrato ovunque un’avanzata decisa dei partiti e movimenti di destra ed estrema destra; oggi variamente definiti neo-populisti o sovranisti. Quello che oggi appare chiaro è dunque che il riaggiustamento seguito alla crisi non ha portato benefici alle sinistre le quali, soprattutto nelle componenti riformiste e socialiste, si trovano probabilmente in uno dei punti più bassi del loro consenso e in una fase di profonda disorganizzazione.

ACCANTO ALLE MOLTE analisi prodotte negli ultimi anni per dar conto di questa situazione, cominciano a comparire alcuni lavori che puntano ad immaginare percorsi di rifondazione della sinistra. In questo filone si inserisce La sinistra che verrà. Parole chiave per cambiare (Minimum Fax, pp.220, euro 16), curato da Giuliano Battiston e Giulio Marcon. Un libro corale che, similmente ad alcuni lavori internazionali recentemente pubblicati, riunisce molti importanti studiosi – da Wolfgang Streeck a Saskia Sassen – intorno alla cruciale domanda: «Che fare?».

IL VOLUME AFFRONTA temi come la libertà (Agnes Heller), la globalizzazione (Saskia Sassen), il welfare state (Colin Crouch), il femminismo (Beatrix Campbell) e così via. Termini chiave tradizionalmente appartenenti alla cultura politica della sinistra; in particolare in quella declinazione radical molto attenta ai movimenti e ai temi politici-culturali che ha contemporaneamente riscoperto Marx e l’importanza del lavoro e delle disuguaglianze per articolare un’azione politica adeguata alle sfide attuali. Qui sta il primo punto essenziale del libro: per immaginare la sinistra del futuro occorre ripartire dai valori e dalle visioni più consolidate che l’hanno caratterizzata in questi anni.

Prima tra tutte la tensione alla rifondazione della globalizzazione, in un’ottica anti-liberista, senza cedere alle sirene di un neo-populismo e un neo-sovranismo che generano chiusura e finiscono per avvantaggiare la destra più becera. Il secondo punto importante del volume sta nell’importanza del pluralismo politico-culturale: la sinistra del futuro non può non essere altamente differenziata e cosmopolita; nel tentativo di mettere insieme le istanze dei movimenti che puntano alla promozione della decrescita con le sensibilità welfariste dei socialisti, sino alla grande sfida di connettere bisogni e desideri dei ceti medi e popolari dell’Occidente con le istanze delle masse del sud del mondo. Tre sono tuttavia i punti deboli di questo forzo di riflessione corale messo insieme da Battiston e Macron: il primo sta nella struttura stessa del volume che ripropone ancora una volta una collezione di termini chiave mostrando, al contempo, la palese e ormai cronica mancanza di un discorso unitario in grado di connetterle.

Il secondo limite sta nella mancata messa a tema della questione organizzativa, della quale invece la sinistra, in tutte le sue sfumature, ha molto sofferto negli ultimi venti anni: la prospettiva sembra ancora quella puramente movimentista e spontaneista, senza lo sviluppo di una riflessione puntuale e quanto mai necessaria sul problema del partito; parola chiave non a caso esclusa dall’opera di Battiston e Macron.

IL TERZO LIMITE sta in un certo intellettualismo che traspare in molti dei contributi raccolti e che sembra riproporre un certo aristocraticismo liberal e radical, non sempre in grado di parlare a quei ceti popolari e medi oggi egemonizzati dal discorso neo-populista. In sintesi, La sinistra che verrà è un volume interessante che offre alcuni contributi preziosi e approfonditi per comprendere le sfide del presente. Tuttavia, troppo poco e troppo poco «spianzante» per uscire da quella dimensione minoritaria, post-moderna e frammentaria nella quale la sinistra del presente – e speriamo non quella del futuro – troppo spesso si dibatte senza vie d’uscita.