La giustizia belga frena ancora una volta il magistrato spagnolo Pablo Llarena al terzo tentativo di emettere un mandato di cattura europeo contro i «profughi della giustizia» o «esiliati politici», secondo il punto di vista. Inebriato dalla sentenza emessa dal Tribunale supremo lunedì contro molti dei ministri di Carles Puigdemont, a pochi minuti dalla pubblicazione della sentenza aveva emesso un nuovo ordine di cattura. Ma le autorità belghe gli hanno fatto subito sapere che doveva essere tradotto in una delle lingue accettate in Belgio, o quanto meno in inglese.

Il che ha ritardato di qualche giorno la ricezione del mandato. Ieri finalmente Puigdemont, come le volte precedenti, si è messo a disposizione delle autorità giudiziarie belghe. Dopo una notte in carcere, ieri un giudice l’ha rimesso in libertà in attesa di un’udienza il giorno 29. Ha libertà di movimento e se vuole lasciare il paese deve informarne i magistrati. Ma visti i precedenti, è piuttosto probabile che il giudice respinga la richiesta o che richieda maggiori delucidazioni: il mandato è contraddittorio coi precedenti.

Per gli stessi fatti prima Llarena parlava di «ribellione», ora di «sedizione», e i giudici tedeschi l’anno scorso già avevano considerato il tutto poco concludente, e lo stesso Llarena aveva ritirato la propria richiesta. Insomma, la cosa potrebbe prolungarsi. Tra l’altro nel frattempo Puigdemont, così come il leader di Esquerra republicana, Oriol Junqueras (in carcere) sono stati eletti eurodeputati, anche se non hanno potuto prendere possesso del seggio perché le autorità spagnole non hanno permesso loro di firmare gli atti a Madrid. Sul tema dell’immunità parlamentare nel loro caso si esprimerà tra qualche settimana una corte europea.