Il viaggio non è mai finito: perché la ragione del viaggio, come diceva Faber, è il viaggio stesso. A maggior ragione, e in indefinibile moltiplicazione, quando già l’ipotizzato percorso musicale di partenza era un’ipotesi aperta, di per sé riconducibile a un poligono irregolare che apre i suoi lati ad ogni idea. Iran, formazione a tre di acuminate intelligenze musicali (in aggiunta l’ospite prezioso Alessandro Cartolari di Anatrofobia con i suoi sax), l’anno scorso fece uscire Æmilia, un disco potente e desolato che sembrava tirare le somme, per dirla con Mutis, degli «elementi del disastro» del pianeta. Ruvido e quieto al contempo. Non omologabile. Psichedelia senza consolazione per cuori infranti, post rock e post jazz smarrito dietro nuvole di polvere elettronica e detriti sonori da trovarobato post industriale. Stando così le cose, l’unica ragione per rimettersi in viaggi è, appunto, il viaggio stesso, alzando la posta e l’asticella della sfida. Che qui significa aver affidato le sette tracce di Æmilia a otto musicisti tra i migliori della scena elettronica e ambient contemporanea, fra i quali, segnaliamo, Luigi Ceccarelli e Elio Martusciello. Una vera e propria ri-costruzione del paesaggio sonoro originario, dedicato ognuno a una città, ricostruzione arbitraria come ogni ricostruzione, legittima in quanto già garantita dalla fluidità del materiale di partenza. Teso,raggelato, fragile e acuminato negli esiti, questo è un disco tanto bello quanto pericoloso da maneggiare: può insegnare che la libertà d’azione è un rischio non calcolabile, non una consolazione.