Le carceri italiane scoppiano, quelle emiliano-romagnole non sono da meno, e così succede che l’emergenza Coronavirus si trasforma nella classica miccia che dà fuoco alle polveri. Con risultati drammatici. La protesta di domenica nel carcere di Modena, il Sant’Anna, è finita in tragedia: sette detenuti morti, altri 18 feriti di cui sei ricoverati in condizioni gravi in terapia intensiva, una struttura devastata dalle fiamme e inutilizzabile, sette sanitari con ferite lievi e tre guardie carcerarie medicate al pronto soccorso.

PROTESTE IERI ci sono state anche a Ferrara, con l’occupazione dell’istituto e una lunga trattativa che ha riportato la calma solo in serata. A Reggio Emilia sono stati in 150 a protestare: una sommossa scoppiata domenica sera con incendi di materassi e lanci di oggetti contro la polizia. Ribellione rientrata dopo l’intervento delle forze dell’ordine. L’ultima in ordine di tempo è stata la protesta di Bologna, scoppiata ieri in tardi mattinata con i detenuti che in breve tempo hanno preso il controllo di metà carcere. Alla fine, ma i dati potrebbero non essere definitivi, si registrano cinque feriti, nessuno dei quali grave: tre carcerati e due agenti della penitenziaria portati in ospedale in condizioni di media entità. In serata anche a Bologna è arrivata la mediazione.

LA DOZZA DI BOLOGNA è una struttura pesantemente sovraffollata. I dati diffusi dai sindacati nel novembre dell’anno scorso raccontano di una capienza regolamentare di 492 posti, a fronte di 890 presenti. Un sovraffollamento del 70% con reparti diventati «invivibili», parole di un comunicato congiunto firmato dalle sei sigle sindacali più rappresentative. In condizioni critiche l’infermeria, «con la compresenza di un numero consistente di soggetti difficili da gestire, oltre a un notevole numero di detenuti in attesa di allocazione presso gli altri reparti che non hanno però posti disponibili». Su questa situazione si è innestata l’emergenza Coronavirus, con la sospensione dei colloqui dei detenuti con i familiari, da sostituire – ma quasi mai è avvenuto – con sessioni telefoniche o con chiamate via skype o similari; e con la richiesta del governo agli istituti penitenziari di limitare i permessi e la libertà vigilata.

Provvedimenti presi per limitare la diffusione del contagio ovviamente, tra l’altro inefficaci visto che prima che scoppiasse la rivolta proprio a Modena è stato rilevato un caso di positività al coronavirus. Provvedimenti che però hanno fatto passare ovunque un messaggio chiaro e senza scampo: le carceri sarebbero state sigillate in attesa di tempi migliori. E così l’ondata di proteste ha abbracciato tutta l’Emilia-Romagna, una delle regioni – ricorda Antigone – con il più alto tasso di sovraffollamento carcerario. A intervenire anche il Garante nazionale delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, che ha chiesto «misure straordinarie volte ad alleggerire le situazioni di sovraffollamento».

SUI FATTI DI MODENA è stata aperta un’indagine dalla Procura, mentre ci sono prese di posizioni opposte: la Cgil chiede una riforma immediata delle carceri, la Lega il pugno durissimo. Per intanto c’è la conta di morti e feriti. L’ultimo a perdere la vita è stato un detenuto trasferito ieri, assieme ad altri 40, al carcere di Marino Del Tronto. A causare il decesso dell’uomo, un 40enne, sarebbe stata un’overdose. Non ci sono ancora certezze ma i sette decessi sarebbero da ricondurre all’abuso di medicinali, dei quali i detenuti sarebbero venuti in possesso dopo avere occupato il penitenziario modenese. «In infermeria hanno messo le mani sul metadone», hanno spiegato gli agenti.

E QUI SI APRE uno squarcio sulla realtà carceraria, fatta spesso di detenuti finiti dietro le sbarre per piccolo spaccio e a loro volta tossicodipendenti. Andrebbero assistiti e curati. Antigone Emilia-Romagna segnala su oltre 500 detenuti a Modena solo 3 educatori in servizio. Poi c’è il problema delle custodie attenuate in carcere per persone con problemi di tossicodipendenza. In Emilia-Romagna si fa, ma ricorda l’associazione «per i diritti e le garanzie nel sistema penale», solo a Rimini e solo con otto posti.