I pretoriani del leave lo avevano chiamato «project fear», e non senza cogliere in parte nel segno. Le turbolenze economiche dell’epocale decisione di uscire dall’Ue dopo 40 anni si stanno manifestando, anche se non con la virulenza paventata dal cancelliere Osborne. Il quale, di concerto con il governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney – canadese, ex Goldman Sachs – aveva preso le sue contromisure, a differenza di certi suoi colleghi di partito scioltisi come neve al sole.

Che intendono affrontare soprattutto tre problemi: un calo di acquirenti nel mercato immobiliare mai così alto dal 2008, il flusso di capitale straniero nel paese dimezzato, e un crollo azionario nel settore immobiliare. Per questo Carney, accompagnando ieri la pubblicazione del rapporto semestrale sulla stabilità finanziaria della BoE, ha annunciato un pacchetto di misure correttive con cui intende limitare il rallentamento dell’economia in cui spicca la disponibilità di prestiti bancari per 150 miliardi di sterline.

I segni di una recessione in rotta di avvicinamento ci sono già, o meglio, si stanno cristallizzando, come ha detto lui. È soprattutto il real estate, il settore edilizio commerciale a subire un forte contraccolpo, tanto che fondi immobiliari come M&G, Standard Life e Aviva ieri interrompevano le contrattazioni per evitare che gli investitori corressero a ritirare i propri capitali, come era accaduto nella crisi del 2007-8. L’ultimo ad annunciare la misura emergenziale è stato il fondo assicurativo Aviva, che ha bloccato i rimborsi per il suo fondo immobiliare di 1.8 miliardi di sterline, le richieste dei quali avevano cominciato a fioccare dopo il 23 giugno nella certezza che il Brexit preludesse a una svalutazione del portfolio di centri commerciali, uffici e fabbriche, che alcuni stimano attorno al 20%.

Questa mossa ha prevedibilmente causato un calo della sterlina, con la valuta nazionale di nuovo mai così bassa dall’85 (1.30 contro il dollaro, scesa del 2%).

Per questo Carney ha ieri annunciato le contromisure della banca centrale. «Abbiamo un piano chiaro, stiamo mettendone rapidamente a posto gli elementi e sta funzionando», ha detto convinto, mentre enunciava i caratteri del suo programma di politica monetaria inteso a far incassare meglio all’economia nazionale i colpi più duri del post-Brexit.

Il piano parte da un ammorbidimento dei requisiti di capitalizzazione osservati dalle banche finora e si articola in due fasi. In primis, fare in modo che queste disponessero di tutto il credito necessario per fronteggiare un inasprimento della condizioni dell’economia nazionale in modo da evitare così l’impossibilità di concedere prestiti e mutui. Per questo Carney aveva stabilito che grandi banche come Barclays, Hsbc, Santander UK, Virgin Money, Metro Bank, Rbs, Nationwide e Lloyds mettessero da parte un ammortizzatore di 5.7 miliardi di sterline in più in caso di crisi, il che significava 150 miliardi di sterline in meno che potevano prestare.

Oggi le banche nazionali hanno 600 miliardi di sterline da parte per colmare le eventuali perdite di un nuovo crash: più del doppio di quello del 2007-8.

La seconda parte prevede un rilassamento di questo stesso obbligo di capitalizzazione, attraverso un innalzamento del tetto massimo consentito al prestito con l’intento di ravvivare un’economia contratta. Riconoscendo che il rischio recessione è spinto da un calo nella richiesta di prestiti a livello di domanda e non di offerta, Carney vuole evitare a tutti i costi che l’indisponibilità creditizia delle banche lo aggravi.

«È importante assicurare che non vi sia alcuna questione sulla disponibilità di credito. È una di quelle cose da cui vogliamo sgombrare il campo» ha sottolineato. «Significa che i tre quarti delle banche britanniche, cui fa riferimento il 90% dello stock di prestiti nazionale, avranno immediatamente – e sottolineo immediatamente – maggiore flessibilità per fornire credito alle famiglie e alle imprese nazionali», mentre i tassi rimarranno allo 0% almeno fino al giugno dell’anno prossimo. Nel complesso, non la fosca catastrofe che aveva annunciato fino a qualche settimana fa, ma un’avvisaglia di temperie economiche tutt’altro che serene all’orizzonte.