Il dibattito intorno a Cristoforo Colombo nasce negli Stati Uniti come simbolo di comunità in cerca di rivendicazioni identitarie. Il genovese è stato a lungo indigesto agli americani wasp, che gli avrebbero preferito uno scopritore nord-europeo, come Erik il Rosso, al punto da inventare una colonizzazione vichinga del Nuovo Mondo: che i norvegesi ci fossero in effetti arrivati è un dato di fatto, ma i fautori della loro importanza si erano spinti un po’ oltre, nell’Ottocento, piantando false prove della loro diffusione nell’entroterra.

SI TRATTAVA della ripercussione puerile dell’arrivo degli immigrati cattolici nell’America protestante: irlandesi, soprattutto, e poi gli italiani, entrambi considerati incivili intrusi nella cultura dei ceti dominanti. Nel frattempo, il Columbus Day è diventato il giorno dell’orgoglio italo-americano, ma da alcuni anni a questa parte la manifestazione è contestata dai nativi americani che, sul modello di quanto avviene in America Latina con i movimenti indigenisti, hanno fatto di Colombo un oggetto polemico, emblema della colonizzazione mortifera e dell’oppressione delle minoranze autoctone (per chi volesse saperne di più, e divertirsi allo stesso tempo, è istruttivo Christopher, terzo episodio della quarta serie dei Sopranos).

Nel 2006 cadeva il cinquecentenario della morte di Cristoforo Colombo, il che ha prodotto diversi libri dedicati al tema, incluso La caída de Cristóbal Colón. El juicio de Bobadilla di Isabel Aguirre e Consuelo Varela, che hanno studiato le carte del processo contro Colombo, inclusi alcuni inediti dell’Archivio della Corona di Castiglia di Simancas. Torna adesso sul tema Antonio Musarra con Processo a Colombo. Scoperta o sterminio? (Edizioni La Vela, pp. 256, euro 15), il quale scrive: «nonostante ciò, la discussione sul personaggio – soprattutto in Italia – risulta, oggi, piuttosto ferma. Quasi incancrenita. L’Ammiraglio, anzi, inizia a rivelarsi scomodo. Molto scomodo. Dal punto di vista storiografico, la denuncia del volto brutale di quella che, un tempo – complice un certo eurocentrismo –, definivamo la scoperta, e che oggi ha assunto invece i connotati della conquista, ha preso campo. Colombo non è più il celebrato sognatore dedito a oltrepassare i limiti del mondo conosciuto, bensì il primo dei conquistadores: colui che – suo malgrado? – avrebbe avuto il (de)merito di dare avvio all’occupazione europea del suolo americano, iniziandone la depredazione e favorendo lo sterminio di milioni di persone. Insomma, mutando profondamente il volto di un continente».

ALL’ORIGINE del libro non sembra esserci tanto una passione per Colombo, quanto piuttosto quella per la ricerca e il metodo storico. Musarra si chiede infatti se abbia senso fare processi retroattivi e giudicare il passato con gli occhi del presente; vero è che Colombo fu giudicato per la sua cattiva amministrazione e per le violenze anche all’epoca dei fatti, ma non bisogna dimenticare che vi era probabilmente un interesse dei funzionari della corona a osteggiarlo per ragioni politiche. Tuttavia, la materia è delicata.

Anche quando si celebra un processo di canonizzazione, si santifica qualcuno vissuto nel passato usando il metro del presente: e non è detto a caso, dal momento che qualche anno fa si era parlato di una possibile canonizzazione dello stesso Colombo. Se non altro, il dibattito in corso ha tolto definitivamente dalla circolazione idee bislacche di questo genere. Una canonizzazione, però, risponde a una logica differente rispetto a quella del metodo storico, e in questo Musarra ha perfettamente ragione quando mette in guardia dal celebrare facili processi al passato: «Accusare l’Ammiraglio di schiavismo, brutalità varie o genocidio senza tenere conto dei caratteri della società in cui visse – una società in cui il dibattito circa la liceità della riduzione in schiavitù riguardava, in fin dei conti, pochi intellettuali – significa eliminare, più o meno coscientemente, la distanza con cui andrebbero letti gli eventi del passato.

Allo stesso modo, ritenere la scoperta unicamente il frutto del genio – o, se si vuole, dell’arditezza – di un solo uomo illuminato risulta troppo semplicistico». Ben venga il dibattito, se serve a svecchiare i miti. Che si continui pure a discutere su Cristoforo Colombo, anche con delle polarizzazioni magari in apparenza un po’ banali, perché se non altro esse mettono a nudo le contraddizioni del nostro presente.