l premier Conte nega ricadute sul governo dalla sentenza sul sequestro dei fondi alla Lega e esprime vicinanza a Salvini («prendo atto che ora per un partito politico sarà difficile svolgere attività politica»). Al termine del secondo incontro, in due giorni, a Palazzo Chigi con il ministro dell’Economia Giovanni Tria, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, quello al Mef Laura Castelli e il ministro per le Politiche Ue Paolo Savona, ieri Conte ha definito la manovra economica in preparazione «ambiziosissima» con coperture per il sedicente «reddito di cittadinanza», la «flat tax» (che in realtà è una revisione del sistema fiscale con tre aliquote) e la revisione della «riforma» Fornero con la cosiddetta «quota 100». Ha chiesto di «essere pazienti per un po’: la nostra abilità sarà trovare le coperture e presentarvele, ci saranno tutte le riforme qualificanti del nostro programma».

Sulle coperture circolano vaticinii: si parla di 10 miliardi per il «reddito di cittadinanza» (sui 17 preventivati ormai anni fa dal movimento 5 Stelle). Se così fosse, sarebbe la somma dei 2 miliardi e mezzo stanziati per il reddito di inclusione («ReI») del Pd, un altro paio per i centri per l’impiego, altre risorse dagli ammortizzatori sociali (Naspi ad esempio) esistenti. E il resto (la maggior parte) dovrebbe arrivare dall’uso dei fondi europei per la formazione. Sempre che questo sia possibile e la Commissione dia il suo lasciapassare. Dal governo puntano sul fatto che il «reddito di cittadinanza» è in realtà un sostegno ai lavoratori in cerca di impiego che accettano (in cambio di un totale massimo di 780 euro decrescenti in un biennio) di formarsi o riqualificarsi. Se così fosse inteso, il «reddito» potrebbe rientrare nei programmi esistenti e attingere alle risorse europee. Il guaio è che si chiama «reddito di cittadinanza», ovvero erogazione a tutti i cittadini di un sussidio indipendentemente dal lavoro e dal non lavoro. E questo non piace a Bruxelles. Ma in fondo a Di Maio basterebbe molto meno per dire di far partire il suo «reddito» nel 2019. Dai rumors mancano ancora le coperture per le misure fiscali promesse dalla Lega. per cominciare con gli sgravi fiscali.

Continuano i messaggi distensivi dei pompieri dello spread, dopo giorni di gara a chi sparava più alto del 3% nel rapporto tra deficit e pil. Si preparano i vertice del l’Ecofin e dell’Eurogruppo di Vienna ai quali parteciperà Tria. E ieri è arrivato il sollievo del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker e dal Fondo Monetario Internazionale. Entrambi hanno detto di sentirsi «rassicurati» dalle parole di Conte e Tria.

Sulla «quota 100» si è riaccesa l’ostilità tra il governo e il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Dopo lo scontro con Di Maio sul «decreto dignità», Salvini ha detto di trovare non plausibili le stime dell’Istituto che «senza se e senza ma» calcola il costo dell’intervento tra i 14 e i 20 miliardi, contro i 6-8 miliardi previsti dalla Lega. «Sono gli uffici tecnici dell’Inps che fanno le valutazioni – ha puntualizzato Boeri – screditare chi le fa è un esercizio pericoloso».