I dati dicono 105 milioni di euro del progetto Grande Pompei stanziati dalla Ue, da spendere entro il 2015 oppure verranno persi, 3 cantieri aperti su 5, ulteriori 8 bandi in rampa di lancio, per la messa in sicurezza dell’area. Nel 2011 i visitatori sono stati 2.350.000, un incasso di 25milioni di euro. La commissione Unesco la scorsa settimana ha diffuso il risultato della ricognizione effettuata a gennaio: infiltrazioni d’acqua e acquitrini, l’aggressione della vegetazione spontanea, la mancanza di personale per la manutenzione ordinaria e per la vigilanza sono i mali che stanno cancellando mosaici e affreschi, oltre ad aver provocato i continui crolli degli ultimi anni. Situazioni critiche alla casa di Efebo, quella di Trittolemo, nel Labirinto, alla domus delle nozze d’argento, alla casa di Marcus Lucretius, al Sacello Iliaco. Il rischio è finire nella lista dei beni in pericolo. I crolli per ora si sono arrestati grazie alla campagna di messa in sicurezza, fatta con fondi ordinari, avviata dalla soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro, che spiega: «Non c’è alcun ultimatum dell’Unesco su Pompei, bensì sull’ottemperanza della redazione di una bozza di piano di gestione al quale stiamo lavorando».
Il ministro per i Beni culturali Massimo Bray ha cominciato, come i predecessori, invocando i privati poi, con la minaccia di perdere la tutela come bene dell’umanità, ha ammesso ieri che quello che serve è il personale, almeno 2mila unità. Tre anni fa i 44 ettari dell’antico sito erano gestiti, sotto organico, da circa mille dipendenti, oggi sono ridotti alla metà, età media sopra i 50 anni, di cui 6 operai specializzati per la manutenzione ordinaria, 2 per gli oggetti mobili, i restauratori sono 3 e si devono occupare del lavoro d’ufficio e di quello sul campo. I custodi sono solo 130 divisi su tre turni. Risultato 50 domus su 70 sono stabilmente chiuse, ma spesso capita che i turisti ne trovino aperte non più di 5.
«L’ultimo concorso è del 2008 – spiega Bray – ed è stato fatto per 400 persone: si sono presentati in 139 mila di cui più dell’80% laureati. Per Pompei occorre un piano per mettere in atto i cantieri secondo il piano strategico stabilito. Per il lotto dei primi 5 cantieri, due sono fermi perché c’è bisogno di un’indagine su chi si è aggiudicato le gare. Al più presto verrà varato il bando per la messa in sicurezza del 50% del territorio di Pompei, grazie ad un sistema di videosorveglianza che è un altro dei punti che l’Unesco sottolineava come urgente. Rispetteremo la sfida di aprire 39 cantieri entro il 2015». L’8 luglio i sindacati saranno al ministero: «Chiederemo risposte sull’impiego di risorse certe e strutturali per la conservazione, tutela e valorizzazione. Insieme allo sblocco del turn over in un settore trainante dell’economia – dice Gaetano Placido, responsabile ministero della funzione pubblica Cgil di Napoli –. Non è accettabile continuare a ipotizzare l’utilizzo di associazioni di volontariato o ditte appaltatrici».
Tre i cantieri assegnati: la domus di Sirico, quella dei Dioscuri e la casa del Criptoportico. Gli ultimi due alla ditta Perillo costruzioni che, per ottenere l’appalto, ha offerto rispettivamente il ribasso del 52,11% e 56,70%. «Una scelta, quella delle gare al massimo ribasso, fatta dal ministero – spiega l’architetto Biagio De Felice – che noi avevamo scartato negli ultimi anni, per cercare di non penalizzare la qualità dei lavori. L’area verrà coperta dalla rete wi-fi con cui la prefettura controllerà uomini e mezzi a lavoro. Siamo sottoposti a blitz ed elicotteri che sorvegliano, non si entra nei cantieri senza il permesso del prefetto. Uno spiegamento di forze imponente quando in epoca commissariali personaggi ambigui entravano e uscivano. Adesso una nuova polemica estiva. Il timore è che si prepari qualche colpo di mano per sottrarre al pubblico la governance degli scavi. Non abbiamo bisogno di effetti speciali ma di raccontare ai posteri com’era un’antica città». Potrebbe accadere che, dopo un massiccio investimento di fondi europei, Pompei venga affidato a una fondazione, la via italiana per lasciare campo libero ai privati. «Nella relazione dell’Unesco – conclude la soprintendente – si parla di ‘azioni significative’ che lasciano prevedere entro la fine del 2015 uno stato di conservazione migliore rispetto a quello attuale. Allora perché lanciare un allarme di questa portata? Gli sciacalli sono molti».