A 12 anni dalle manifestazioni che mobilitarono decine di migliaia di studenti e ricercatori in tutta Italia contro tagli e precarizzazione provocati dall’allora “riforma” Gelmini, l’attuale governo ha messo una toppa ben peggiore del buco.

Con decretazione d’urgenza – senza un dibattito pubblico e un’assunzione di responsabilità da parte delle forze politiche –, è stata approvata la “riforma” del precariato universitario entrata in vigore dal 1° luglio, nel silenzio (quasi) generale.

Riforma che si dichiara di contrasto al precariato, ma rischia di produrre effetti diametralmente opposti: un’espulsione di massa di migliaia di ricercatori dal sistema accademico (si stima tra i 5 mila e i 7 mila degli attuali 15 mila assegnisti di ricerca).

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Le novità più rilevanti della riforma sono da un lato l’abolizione dell’assegno di ricerca, la formula contrattuale più utilizzata per i ricercatori precari, che sarà sostituita da un contratto a tempo determinato della durata minima di due anni, e dall’altro l’introduzione di una figura unica di ricercatore a tempo determinato stabilizzabile dopo massimo sei anni, che unifica le attuali due figure a tempo determinato – di tipo a e di tipo b (al secondo seguiva la stabilizzazione, mentre al primo no).

La differenza tra il vecchio assegno e l’attuale contratto unico sta nel costo lordo, nella durata minima e nei diversi regimi di inquadramento e tutela del lavoratore.

Per attivare un assegno annuale un Dipartimento doveva trovare una copertura di circa 25.000 euro, ora il contratto può essere soltanto biennale e costa 40.000 euro lordi l’anno.

Si riduce la precarietà, si potrebbe pensare: benissimo! D’altronde questa riforma raccoglierebbe le proposte avanzate negli anni dalle associazioni di categoria.

Peccato che queste chiedevano 1,5 miliardi di euro per il reclutamento e la stabilizzazione di 20 mila ricercatori, mentre l’attuale riforma è a costo zero. E comporterà l’impossibilità per molti ricercatori di vedersi rinnovati o attivati i propri contratti.

Si tratta perciò di un colpo ulteriore alle università dopo i tagli devastanti che hanno ridotto ai minimi termini il sistema universitario nell’ultimo decennio.

Secondo i dati Ocse, ci sono 20 studenti per ogni docente, contro i 15 della media europea, i 12 della Germania, i 10 della Svezia e i 9 della Norvegia.

Leggendo i commenti (pochissimi) che circolano sulla riforma, ci sembra che se ne stiano sottovalutando gli impatti.

A parità di lavoro si stima che per gli Atenei comporterà un aumento insostenibile dei costi della ricerca, circa del 30-40%.

Le strade che si aprono, peraltro con un regime transitorio limitatissimo (ovvero fino a dicembre 2022), per una grandissima fetta degli attuali ricercatori sono due: il ritorno allo strumento della borsa di ricerca (molto peggiore del già precario assegno, perché non matura nessun contributo, non dà accesso al sussidio di disoccupazione e non vale nel curriculum accademico) o la definitiva espulsione dal sistema universitario.

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La prospettiva è quindi quella di un aumento vertiginoso della precarietà e l’espulsione di migliaia di ricercatori. Di contro, intravediamo neanche troppo velatamente un altro disegno altrettanto inquietante e pericoloso: quello di concentrare le risorse tagliando i rami secchi.

Perché è chiaro che in questo nuovo assetto reggono, e anzi ci guadagnano, quei settori disciplinari e quei dipartimenti che sono più forti e più produttivi dal punto di vista del mercato.

Per questi motivi i precari assegnisti si stanno coordinando per confrontarsi e finalmente animare nel Paese un dibattito pubblico che avrebbe dovuto precedere e non seguire una riforma di questa portata.

La finalità è quella di reclamare nell’immediato dei correttivi sostanziali che consentano loro di non veder cancellati per decreto percorsi professionali e progetti di vita coltivati per anni con enormi sacrifici.

Si sono coordinati tramite un gruppo Telegram e si riuniranno a Roma oggi alle ore 18 presso il Centro sociale Esc (via dei Volsci 159). Chi vuole unirsi alla chat può farlo al link: https://tinyurl.com/assegnisti.

*Ricercatori precari del Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università di Roma La Sapienza