Alla fine la foto del centrosinistra da Pisapia a Calenda passando per Andrea Orlando non scatta. Il guardasigilli, leader di una minoranza interna al Pd, ieri mattina a Roma ha riunito la sua corrente (Dems) al grido di battaglia, si fa per dire, «un nuovo centro-sinistra per unire l’Italia». C’è anche il ramoscello d’Ulivo al posto del turlupinato trattino di memoria mastelliana.
Ma l’operazione sfuma. Il ministro Carlo Calenda, invitato, marca visita «per ragioni personali», manda un messaggio in cui sfuma l’ostilità a Renzi e anzi ne rivendica persino i risultati di governo. Neanche Giuliano Pisapia, arriva. «Capisco l’imbarazzo», dice Nicola Zingaretti.

PIÙ CHE IMBARAZZO trattasi di scelta meditata e annunciata per tempo. Pisapia resta a Milano per partecipare all’assemblea delle sue Officine dove lancia il coordinamento territoriali di Campo progressista: il movimento comincia a strutturarsi per ogni evenienza. Ma soprattutto Pisapia non vuole associare il suo contesissimo «brand» alla suggestione di un’alleanza con il Pd, sebbene stavolta si tratti del Pd di rito antirenziano. Suggestione non realistica, al momento.

L’ex sindaco infatti a Roma invia un messaggio insolitamente esplicito: c’è chi gli propone «inverosimili listoni elettorali», invece serve «un nuovo centrosinistra di governo, radicalmente innovativo». Ma non è un sì a Orlando, anzi: «Le porte del nostro progetto politico sono spalancate a tutti coloro che hanno a cuore la ricostruzione del campo democratico e progressista». Non è un invito esplicito a lasciare il Pd, mai Pisapia sarebbe così inelegante; ma è certo è un invito a lasciar perdere le proposte di annessione, almeno fino a nuovo ordine, cioè a nuova legge elettorale.

ORLANDO È MENO PREOCCUPATO delle forme e dal palco replica all’ex sindaco: «Ci vuole più coraggio, è il momento di costruire una prospettiva politica. Adesso è il momento di dividere il campo tra chi vuole il centrosinistra e chi no, nel Pd e nella sinistra radicale».

LUI PERÒ NON LO FARÀ, nel suo campo. Resterà nel Pd, assicura. Anzi la sua idea di coraggio si declina nel bacchettare Gianni Cuperlo che difende Massimo D’Alema dall’accusa di «gruppettaro» che il guardasigilli gli scocca da giorni fa. Pisapia, che pure teme l’avvitamento a sinistra della sua parte e non è un fan di D’Alema, non gradisce: «Lavoriamo da un anno e mezzo per un centrosinistra di governo. Orlando è rimasto indietro. Forse lui non ha avuto coraggio di fare le scelte al momento giusto».

IL CENTROSINISTRA che ha in mente il ministro passa per l’approvazione dello ius soli (anche Pisapia da Milano lo chiede). E soprattutto passa per una nuova legge elettorale coalizionale con cui agganciare anche Alfano («dipende dall’atteggiamento che avrà sullo Ius soli»). È lo schema di alleanza di Dario Franceschini. E infatti a questo punto l’azionista forte dei gruppi parlamentari Pd e lupus in fabula di ogni ipotesi di messa in minoranza di Renzi, batte il colpo atteso: «La discussione tra Orlando e Pisapia dimostra che il tema delle alleanze e dei rapporti possibili tra le diverse forze che hanno costituito la maggioranza di governo negli ultimi quattro anni, è ineludibile», dichiara. Il ministro chiede di riaprire il dibattito nel Pd: «Potremo discuterne nel partito senza risse o barricate, per poi fare una scelta che tutti comunque rispetteremo».

FUORI DAL PD, ANCHE PISAPIA è favorevole al cambio della legge elettorale perché, dice nel pomeriggio al Teatro Parenti di Milano, l’attuale proporzionale porterà «al disastro». Il suo preferito resta il Mattarellum . Ma se la legge resta così «non entreremo nella lista del Pd perché avremo una lista nostra e sfideremo il Pd». Quanto al centrosinistra dei sogni, Prodi «resta un riferimento, ma siamo in un periodo diverso».

A MILANO PISAPIA RACCOGLIE i punti proposti dalle sue «officine» e struttura il suo movimento, conseguenza diretta del non scioglimento del promesso sposo Mdp. Se Insieme proseguirà il cammino – ieri molti bersanian-dalemiani se lo auguravano con insistenza, segnale che qualche dubbio resta – avrà due gambe: quella dell’ex sindaco e quella degli ex Pd. Ma ai futuribili alleati l’avvocato non nasconde la sua idea di lista: «Rispetto l’opzione di chi ritiene che oggi il centrosinistra non possa rivivere e pensa che il nemico principale sia il Pd, ma il popolo del Pd è per la stragrande maggioranza di centrosinistra», e così i delusi del Pd e anche dei piccoli partiti. Questo è l’elettorato a cui punta Cp. Parole che rivelano che con la Ditta Bersani&D’Alema restano diversità di vedute, forse persino di prospettive. «Buon viaggio se pensate di fare un listino di sinistra», è la conclusione, «A noi non interessa né il listino né il listone».