Dopo una travagliata elaborazione durata 16 anni nel corso di quattro diverse legislature la legge sui piccoli comuni è stata approvata ieri in via definitiva. Praticamente unanime il voto al Senato (205 sì, 2 soli astenuti), l’insieme di norme che dovrebbe salvare, tutelare e provare a rilanciare i borghi italiani – vero tesoro del nostro Paese – ha avuto un battesimo bipartisan: il testo attuale, presentato tre anni fa dall’ideatore Ermete Realacci, del Pd, ha poi visto aggiungersi il contributo e la firma di Patrizia Terzoni, dei Cinquestelle.

Un coro di lodi da Legambiente a Coldiretti, dalle Regioni all’Anci, ma giustamente si è notato che il finanziamento è per ora «esiguo»: 100 milioni in tutto da qui al 2023: 10 milioni per il 2017 e poi 15 ogni anno dal 2018 in poi. Critica che è arrivata da Sinistra italiana, dalla Lega, e da Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle regioni.

La legge punta al sostegno dei comuni con popolazione inferiore a 5 mila abitanti e dei territori montani e rurali. Contiene misure che interessano 5.585 comuni, circa il 70% dei 7.998 comuni italiani, oltre il 50% del territorio nazionale. Ci vivono oltre 10 milioni di cittadini, il 16,59% della popolazione italiana. Un’eccellenza che è anche enogastronomica: nei borghi vengono prodotti il 93% delle Dop e degli Igp accanto al 79% dei vini più pregiati.

Il provvedimento approvato ieri contiene interventi di manutenzione del territorio e di prevenzione del rischio idrogeologico. Si prevedono la messa in sicurezza di strade e scuole e l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico; l’acquisizione e riqualificazione di terreni ed edifici in abbandono, di case cantoniere da rendere disponibili per attività di protezione civile, volontariato, promozione dei prodotti tipici locali e turismo; la realizzazione di itinerari turistico-culturali ed enogastronomici; la possibilità di acquisire binari dismessi e non recuperabili alle ferrovie da utilizzare come piste ciclabili.

Si sollecita poi lo sviluppo di nuovi servizi: è prevista ad esempio la possibilità per i centri in cui non ci sono uffici postali di pagare bollette e conti correnti presso gli esercizi commerciali. Arriverà la facoltà di istituire centri multifunzionali per la fornitura di una pluralità di servizi in materia ambientale, sociale, energetica, scolastica, postale, artigianale, turistica, commerciale, di comunicazione e sicurezza, oltre che per attività di volontariato e culturali. Via libera a interventi in favore dei residenti e delle attività produttive insediate nei piccoli comuni, alla promozione delle produzioni agroalimentari a filiera corta e al loro utilizzo anche nella ristorazione collettiva pubblica.

Legambiente ricorda che l’associazione «si batte dal 2001 per questa legge»: «Si potrà produrre lavoro e reddito – nota – anche in quelle realtà dove i giovani tendono ad andare via e le case abbandonate o vuote sono addirittura una ogni tre». Coldiretti aggiunge che «tre piccoli comuni su quattro sono il territorio di riferimento per gli allevamenti destinati a produrre formaggi o salumi Dop, mentre nel 60% si trovano gli uliveti dai quali si ottengono i pregiati extravergini riconosciuti dalla Ue».

Il Piemonte – spiega Coldiretti – è la regione con il maggior numero di piccoli comuni (1.067), seguito dalla Lombardia (1.055) e dalla Campania (338) ma in percentuale la più alta densità è in Valle d’Aosta (99%) e Molise (92%). Tanti borghi danno il nome a specialità Doc: dal Puzzone di Moena al Sedano bianco di Sperlonga, dal carciofo di Montelupone al vino di Gavi, dai maccheroncini di Campofilone al Taleggio al Vin santo di Vigoleno, fino al vino Loazzolo.