A difendere Quota 102 è rimasto solo Alberto Brambilla. Il presidente di Itinerari previdenziali e inventore anche del flop Quota 100 – sottosegretario al Welfare con Sacconi nel governi Berlusconi dal 2001 al 2006 – nelle ultime ore è stato mollato da tutti. Anche dal governo che ufficialmente non ha mai parlato di Quota 102 ma solo di «interventi in materia pensionistica per assicurare un graduale ed equilibrato passaggio verso il regime ordinario», circonlocuzione per non usare la parola Fornero.

Agli atti finora ci sono solo i 601 milioni per il 2022 fissati all’uopo nel Documento programmatico di bilancio approvato dal consiglio dei ministri.

UNA CIFRA RISIBILE e totalmente insufficiente per l’obiettivo di dare «flessibilità al sistema previdenziale».

Da qui la reazione dei sindacati che ieri si è saldata in una nota unitaria di Cgil, Cisl e Uil assieme alle federazioni dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cis e Uilp. Sulla legge di Bilancio «ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna convocazione dal governo. Prima dell’approvazione è necessario invece instaurare un confronto serio e non intermittente con le parti sociali», dichiarano Maurizio Landini, Luigi Sbarra, Pierpaolo Bombardieri assieme a Ivan Pedretti, Piero Ragazzini e Carmelo Barbagallo, ricordando che il 17 novembre a Roma si terranno gli attivi unitari dei pensionati – anticipati dal manifesto.

Sulla previdenza, continuano i confederali, «come contenuto nella piattaforma sindacale unitaria, ribadiamo l’esigenza di una riforma complessiva della legge Fornero, che affronti i bisogni di giovani, donne, lavoratori e pensionati», con i pensionati che sottolineano la necessità di misure che «tutelino in modo più efficace il potere d’acquisto, a partire dall’ampliamento della platea dei beneficiari della 14esima con l’incremento dell’importo per chi già la riceve, e dall’adozione di un meccanismo più equo di rivalutazione».

DAL GOVERNO L’UNICA A PARLARE di un tema così delicato è la sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra di Leu: «L’ipotesi prospettata – ha spiegato – è di un rientro graduale da Quota 100 alla situazione Fornero. Adottare dei sistemi di “quota” penso non sia una scelta giusta, perché le quote favoriscono gli uomini rispetto alle donne, richiedono una carriera contributiva lunga e costante, cosa che spesso le donne, dedicate al lavoro di cura e ai figli, non possono avere. Io credo – ha aggiunto – che sarebbe necessario non solo trovare delle soluzioni temporanee ma soluzioni che permettano delle flessibilità, cosa che in un sistema ormai largamente contributivo sarebbe a mio avviso possibile», ha concluso Guerra, ammettendo comunque di non essere ottimista: i 611 milioni stanziati «non mi fanno tanto sperare».

ANCHE IL VICESEGRETARIO PD Peppe Provenzano attacca frontalmente la proposta: «Quota 100 è stato un costosissimo fallimento, a danno dei giovani, delle donne e del Sud. Riteniamo essenziale che il governo incontri i sindacati. La nostra posizione è chiara, non tornare né a quota 100 né alla legge Fornero. Siamo per forme di flessibilità, ma il sistema delle quote finirebbe per ricreare squilibri insopportabili che vanno corretti in almeno due direzioni: da un lato, estendendo l’Ape sociale per gravosi e usuranti; dall’altro, prorogando Opzione donna. Resta poi aperto il tema di una pensione di garanzia per le nuove generazioni e i precari», conclude Provenzano.

LA CENTRALITÀ DEL RUOLO dei sindacati è paradossalmente confermata dall’uomo che per prima ha la responsabilità politica del flop Quota 100 e delle falsità dette in questi anni su aver «cancellato la riforma Fornero». «Io ascolto ogni proposta. Anzi, chiederò un incontro ai leader sindacali perché il tema lavoro, tasse e pensioni è centrale», annuncia il leader della Lega Matteo Salvini al termine della riunione con i suoi parlamentari.

L’ultimo incontro con Cgil, Cisl e Uil – misurando distanze abissali – fu poco prima del Papete. Non un buon viatico.

Per il resto della manovra i sindacati chiedono di riversare tutti gli 8 miliardi del taglio delle tasse sulle buste paga dei lavoratori. Confindustria va all’attacco del reddito di cittadinanza – «soldi sprecati se non sarà riformato» – e chiede di ridurre i contributi per le imprese.