Siamo contro le politiche fatte finora dal governo Draghi ma ora serve un governo nel pieno delle funzioni che agisca contro la crisi sociale imperante. La posizione di Cgil e Uil – che a dicembre sono arrivate allo sciopero generale contro la manovra – non è priva degli stessi bizantinismi delle forze politiche. Ed è per questo che Landini evita di usare la parola «Draghi» anche sotto tortura e che nessuno della segreteria confederale è disponibile a farsi intervistare dopo le critiche ricevute da molte parti per il documento della Cgil di venerdì scorso che terminava con un alquanto improvvido: «Non è il momento di indebolire il paese e bloccare le riforme». Quali riforme? Quella fiscale criticata continuamente? Quella dell’Irpef che ha portato allo sciopero generale? Non è dato sapere.

ANCHE IERI da Catania – prima che la situazione del governo Draghi precipitasse – Landini ha ribadito la sua linea: «Buona parte di questo paese non ce la fa più ad arrivare alla fine del mese. C’è bisogno di un governo nel pieno delle sue funzioni per affrontare mesi che si presentano davvero difficili con rischi di peggioramento di lavoro e sociale senza precedenti».

Le richieste della Cgil al governo – anche dimissionario – sono precise: «C’è un provvedimento da mettere in campo entro luglio aumentando, per quanto ci riguarda, il bonus energia. C’è il tema che riguarda gli affitti e i mutui, si possono tassare molto di più gli extra profitti e valutare quale quantità di extra gettito c’è, perché, insisto, c’è bisogno di risorse concrete nell’immediato da affrontare. E c’è anche una legge di bilancio da realizzare», conclude Landini. Che alle timide aperture – per titoli – dell’intervento in Senato di Draghi su flessibilità delle pensioni e salario minimo rispondeva così: «Credo che a partire dalla riforma del fisco, a quella delle pensioni, ed una vera lotta alla precarietà, ci sia molto da fare. Va affrontato anche il tema su come si recepisce la normativa sul salario minimo e su come si dà validità generale per legge ai contratti nazionali di lavoro».

SU UNA LINEA MOLTO SIMILE anche la Uil guidata da Pierpaolo Bombardieri: «La crisi di governo è un grave danno per le lavoratrici, i lavoratori, i pensionati, i giovani e per tutti coloro che contavano sul prossimo decreto per avere delle risposte», ha detto il segretario generale, parlando a margine del Congresso della Uil del Lazio. Che lanciava una provocazione per chiedere un governo: «Abbiamo già sottolineato la distanza tra il paese reale e i palazzi, abbiamo pensato a una mobilitazione “ideale” per “circondare” quel palazzo e invitare tutti alla responsabilità. È necessario un governo perché bisogna decidere come utilizzare le risorse, per dare risposte immediate su salari, contenimento dell’inflazione e del costo dell’energia. Contiamo sulla responsabilità di coloro che vorranno pensare a questi interessi – ha concluso Bombardieri – anteponendoli a quelli dei partiti, dei movimenti e della discussione interna». Una provocazione evidentemente sfortunata.

APPOGGIO INCONDIZIONATO a Draghi invece da parte della Cisl. Un «discorso schietto e condivisibile», ha definito Sbarra l’intervento di Draghi in Senato. «Dobbiamo fronteggiare una perdurante condizione di emergenza sanitaria, la più grande crisi economica e sociale dal dopoguerra a oggi e le pesanti ricadute della guerra in Ucraina», elenca il segretario della Cisl, sollecitando un «richiamo forte alla responsabilità»: «C’è necessità di stabilità, di governabilità e di un governo nella pienezza delle funzioni e dei poteri, che possa interloquire con le parti sociali».

A subire per primi gli effetti della crisi sono invece le associazioni datoriali del commercio (Confcommercio, Confesercenti) che oggi avrebbero dovute essere ricevute a palazzo Chigi dal premier, dopo gli incontri con Cgil, Cisl e Uil prima e di Confindustria poi: incontro sconvocato e nessun appuntamento in agenda.

NON PROPRIO QUELLO che volevano le parti sociali, a partire dagli appelli sperticati degli imprenditori a Draghi a rimanere – a partire da quello sul Sole24Ore firmato da oltre 250 personalità in gran parte capitani di impresa da Emma Marcegaglia ad Alberto Bombassei, da Diana Bracco ad Alfredo Altavilla, da Sergio Dompè a Leonardo Ferragamo, da Renzo Rosso a Paolo Scaroni e Fabrizio Palenzona – con Carlo Bonomi che fino a martedì era convinto della prosecuzione del governo Draghi tanto da allargare al ministro Cingolani il consiglio generale di Confindustria. Di mezzo ci si è messa però la democrazia parlamentare.