L’occasione è l’eventone veltroniano, ormai praticamente un format. Ieri pomeriggio all’Auditorium di Roma si presenta l’ultimo libro di Walter Veltroni, «Quando» (Rizzoli), storia di Giovanni che entra in coma nel giorno della morte di Berlinguer, nel giugno del 1984, e si sveglia trent’anni dopo nella sconfortante realtà coeva. A parte la somiglianza del plot con la gag del «Compagno Antonio» interpretata dal comico Antonello Fassari (Antonio era andato in coma nel ’93, il giorno della vittoria di Berlusconi), l’ultima fatica letteraria di Veltroni esce alla vigilia di una campagna elettorale in cui il Pd deve provare a ricollocarsi nella coalizione di centrosinistra di conio prodiano. Ieri l’Auditorium con platea da grande evento (Scalfari, Santoro, Sabrina Ferilli, Pippo Baudo, Malagò, Casini, Gianni Letta, Minniti, Martina – fra gli altri), è la perfetta location per l’elogio dei bei centrosinistra andati. E per fornire un aiutino a Renzi nella materia in cui è meno versato, la caccia all’alleato di sinistra. «La sinistra deve aspirare a essere larga e unita. Ho molto apprezzato lo sforzo di Walter di questi mesi per spingere la sinistra, il centrosinistra a stare insieme e uniti», spiega dal palco il presidente Paolo Gentiloni, amico sodale e persino compagno di scuola del primo segretario del Pd ai tempi del liceo Tasso. «Se pensiamo ai pericoli, li dobbiamo affrontare insieme, non contro qualcuno. Ci serve una sinistra consapevole, competente e capace di prendersi cura della società». Veltroni vola più alto delle beghe della sinistra ma a quelle allude quando spiega che «in tutti i campi è necessario che si torni a recuperare la capacità di essere comunità».

È uno straordinario fenomeno di rimozione collettiva quello che porta tanti protagonisti politici dello scorso ventennio a trattare l’ex sindaco di Roma da padre e auspice delle coalizioni, lui che nel 2008 volle scaricare la sinistra dall’alleanza dopo aver contribuito all’indebolimento – e da lì alla caduta – dell’ultimo governo Prodi per aver pronunciato anzitempo il famoso «correremo soli», riferito al Pd di cui era fresco segretario. Non proprio una frase di elogio dell’unità (infatti finì che vinse Berlusconi e la sinistra radicale fuori dal parlamento).

Oggi Veltroni ha cambiato idea e benedice l’ultima pensata di Renzi per non perdere troppo male alle politiche, e cioè l’invio di Piero Fassino a incontrare alcuni rivoli della sinistra per ricomporre uno straccio di coalizione pur che sia. Sapendo che i bersanian-dalemiani di Mdp mai accetteranno di allearsi con gli ex compagni del Pd («Uniti si perde», ha spiegato l’ex segretario Pd). In quel campo non resta che provare ad adottare il drappello di Giuliano Pisapia, per poter giustificare la «narrazione» di un nuovo centrosinistra in campagna elettorale.

Ieri l’ultimo  segretario Ds  è andato a Bologna a prendersi la benedizione del fondatore dell’Ulivo Romano Prodi. Il quale alla fine dell’incontro però non ha voluto parlare. Fassino al suo postosi è precipitato ad assicurare che l’incontro è stato «molto positivo», e che «Prodi, padre dell’Ulivo e del Pd condivide e apprezza l’iniziativa che sto perseguendo per realizzare una comune strategia del centrosinistra. Anche incoraggiato da questo incontro, proseguirò i miei colloqui con i diversi esponenti del centrosinistra». Renzi, che se parla degli alleati di sinistra rischia di fare solo danni, si è ingaggiato in una polemica con Fausto Bertinotti, ormai teorico del ritiro della sinistra dalla competizione elettorale.

Con la benedizione (riferita) di Prodi domani Fassino incontrerà Pisapia a Milano. Per lui l’avallo del Professore è argomento irresistibile. Domani sarà proprio a Bologna, a un’iniziativa di «volenterosi» convocata dal prodiano Giulio Santagata con lo stesso fine di resuscitare una coalizione. All’incontro milanese Fassino si presenta con un pacchetto di negoziazione evanescente: «l’intenzione» di approvare lo ius soli e il biotestamento, la generica disponibilità a modifiche alla manovra e al jobs act. «Nessun tabù», giura Fassino.

Al tavolo Pisapia non sarà solo. I suoi promettono di arrivarci «senza pregiudizi ma senza fare sconti». «Gli appelli all’unità del centrosinistra sono un po’ tardivi e sarebbero stati più efficaci se si fossero manifestati quando si sono presentati i problemi che li hanno provocati», ha detto ieri Rosy Bindi, già prodiana e a buon diritto «madre» dell’Ulivo .
Ma deludere il coro degli appositi Veltroni, Gentiloni, Prodi, Rutelli sarà difficile per Pisapia. Ammesso che si faccia sfiorare dall’idea.