I migranti in fuga dalla Libia spaventano l’Unione europea al punto che la nuova missione Sophia alla quale si sta lavorando a Bruxelles rischia di rimanere ancora una volta senza navi. Dietro la decisione ci sarebbe la volontà manifestata da alcuni Paesi, primi fra tutti Austria e Ungheria, di limitare i mezzi con cui l’operazione dovrebbe garantire il rispetto dell’embargo di armi alla Libia ai soli aerei e sarebbe motivata dai timori che un utilizzo delle navi comporterebbe l’intervento in soccorso dei barconi carichi di migranti con conseguente sbarco degli stessi in Europa. Una resistenza espressa in passato anche dal ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, che fin da subito ha chiesto una revisione radicale dei compiti della missione europea.

La prossima riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue è fissata per il 17 febbraio e per quella data gli ambasciatori al lavoro nel Comitato politico e sicurezza dovrebbero arrivare a una proposta comune. Tutto «è nelle mani degli Stati membri» ha detto ieri il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, augurandosi che gli stessi Stati «saranno capaci di trovare un accordo sulle operazioni e la possibilità di far rispettare l’embargo». Come accade ormai da mesi, resta però irrisolta la questione immigrazione tanto da essere stata nei giorni scorsi al centro di uno scontro tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier austriaco Sebastian Kurz, con la prima convinta che la nuova missione Sophia non possa fare a meno di riprendere le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo come accadeva in passato. In particolare Berlino propone tre fasi per il rilancio dell’operazione europea partendo da un rafforzamento della sorveglianza aerea per poi passare a un allargamento del loro raggio di azione che comprenderebbe anche i cieli libici (naturalmente con il consenso delle autorità libiche, anche se non è chiaro se nella decisione verrebbe coinvolto anche il generale Haftar). La terza e ultima farse riguarderebbe invece l’utilizzo delle navi, punto sul quale si sarebbe però arenata la discussione.

Nata per contrastare il traffico di uomini, in quattro anni Sophia ha tratto in salvo pilò di 46 mila migranti prima di allargare le sue attività, su mandato dell’Onu, ad assicurare il rispetto dell’embargo di armi al Paese nordafricano e al contrasto al traffico di petrolio. Oggi l’incapacità europea di accordarsi su una politica comune sull’accoglienza dei migranti rischia di far perdere alla missione la sua originaria ragione d’essere.