Guardiamo alla lunga conferenza stampa alla vigilia della prima riunione della Direzione e alla successiva relazione: il dato che risalta è l’indicazione puntuale di un’agenda politica innovativa, fatta di molti, singoli terreni di battaglia politica sui cui il partito si sta ricollocando. Un’agenda di lavoro molto cambiata, nei toni e nei contenuti.

E tuttavia, c’è come qualcosa di inespresso: potremmo dire, la debolezza di una visione politica che tenga insieme i diversi spezzoni programmatici. E’ come se mancasse il necessario respiro di cultura politica, il collante alle diverse proposte: e da qui, anche, una palese difficoltà, e una conseguente prudenza, ad addentrarsi sui molti terreni minati di cui è costellata la situazione politica nazionale e internazionale; e anche la scelta, comprensibile ma che alla lunga rischia di rivelarsi insufficiente, di muoversi su terreni sicuri.

Naturalmente ci vuole un bel coraggio, da parte di quegli esponenti del Pd che sono stati magna pars nella gestione disastrosa degli ultimi dieci anni, a pretendere che Elly Schlein dica la sua, ora e subito, su tutto lo scibile e su tutte le questioni irrisolte che il Pd si trascina dietro. Ma è giusto chiedere alla segretaria, e al suo gruppo dirigente, di dare un seguito concreto all’obiettivo di un radicale rinnovamento nel modo stesso di discutere e di decidere del partito.

Due esempi ci possono venire da due articoli apparsi su questo giornale, sabato scorso: quello di Pierluigi Ciocca, sulla risposta politica da dare alle proposte sul nuovo Patto di Stabilità europeo, e quello di Laura Pennacchi, in cui si lancia l’idea di un “piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile”.

Ebbene, sono questioni che non possono essere affrontate senza un adeguato quadro di riferimento politico e culturale: sulla prima, si tratta niente meno che di ripensare quale idea si ha del futuro della costruzione europea (e poi da qui trarre un giudizio di merito: cosa pensa il Pd delle proposte della Commissione? Come impostare la trattativa dei prossimi mesi? Sarebbe imperdonabile una qualche reticenza solo perché a Bruxelles c’è Gentiloni).

Sulla seconda, si tratta di affermare nuovi paradigmi di politica economica, richiamando la praticabilità di politiche di ispirazione keynesiana, andando anche oltre. E’ sacrosanto battersi, come sta facendo Schlein, sulla lotta alle diseguaglianze, alla precarietà del lavoro e al lavoro povero: ma entro quale cornice si inscrivono le singole proposte? E si potrebbero utilizzare anche analisi e proposte che vengono dall’esterno, come ad esempio quelle recenti del Forum DiseguaglianzeDiversità.

Qualcuno potrebbe obiettare che, in fondo, si tratta di un’istanza di organicità propria di altri tempi (e altri partiti), e che oggi si gioca tutto invece sulla singola proposta ad effetto. Credo sia un errore: è necessario dare questo respiro ad una proposta programmatica, altrimenti non si è in grado di contrastare, nella sfera pubblica, l’egemonia di altri paradigmi politico-culturali.

Detto ciò, è assurdo chiedere ora a Schlein e alla sua nuova segreteria di rimediare in poco tempo ad un decennio di scelte politiche dissennate (e perdenti: un dettaglio, quest’ultimo, che si tende a rimuovere). Non è troppo invece chiedere che si metta presto mano ad una svolta. E qui, mi sia consentito di fare una proposta concreta.

Non c’è bisogno di complesse riforme organizzative, nell’immediato: si prenda lo Statuto vigente, l’art. 33, “Conferenza programmatica annuale” (mai svoltasi finora). E’ un articolo che consente flessibilità attuativa, demandando le modalità di svolgimento ad un Regolamento, e affidando la definizione dei temi ad una proposta della leadership.

Non si tratta di fare un mega-convegno, né di discutere tutto daccapo (a questo servirebbero i congressi): si potrebbero predisporre documenti-base sui temi più urgenti e spinosi, da sottoporre alla discussione interna ed esterna, coinvolgendo mondi sociali e competenze intellettuali, da votare ed emendare nei circoli e poi da portare ad una sintesi finale. Un modo, tra l’altro, per valorizzare davvero il pluralismo interno, al di fuori del chiacchiericcio su questo tema: un modo per sfidare e mettere alla prova le diverse idee. E poi si vedrà: come si diceva un tempo, “chi ha più filo, tesserà la tela”.
Lanciare ora questa scadenza sposterebbe in avanti i termini della discussione politica, e darebbe un senso a quell’impegno che, tutti, dopo le primarie, avevano preso: aprire davvero una fase “costituente”.