Il Tempo è uno dei grandi temi del teatro globale di Dimitris Papaioannou. Sono passati due anni e mezzo da quando INK ebbe il suo debutto italiano tra il festival Aperto di Reggio Emilia e Torinodanza, anni che restano nel corpo e nella mente tutt’altro che scambiabili con altri. 45 minuti, oggi diventati un’ora. Una trasformazione non di superficie, l’impressione che tutto derivi da un movimento interiore di sgretolamento e rinascita, sfociato in una nuova dinamica di montaggio, qualcosa che dilata, contrae, muta passaggi e scene, con una sempre necessaria impronta. Lo si è visto al festival FOG alla Triennale Milano, dove il lavoro è stato la settimana scorsa, prima delle repliche romane, accolto da un calorosissimo e partecipato successo. Il confronto con una bellezza pittorica, intimamente ruvida e bruciante, un vibrare che accomuna il vivere di attori/danzatori e spettatori dentro lo scorrere inesorabile del Tempo.

LA SENSAZIONE di essere tutti parte, al di qua e al di là della quarta parete, di quel flusso di per sé inarrestabile di ore, di giorni, di anni, in cui tutti, fino alla morte, viviamo, soffriamo, amiamo, dibattendoci, come possiamo, tra attesa ed azione. Una percezione vivissima, che si porta con sé la crudeltà di questi ultimi anni. Nella scena innaffiata di acqua che proietta i suoi bagliori luminosi sul soffitto sopra la platea abbracciando il teatro tutto, Papaioannou, «l’uomo vestito», è l’uomo «sociale», addomesticatore potente, ma anche padre/amante affettivo e/o succube de «l’uomo nudo», Šuka Horn, corpo vergine che nasce dalla terra, frutto della natura che si rinnova nel Tempo tiranno, simbolo di tutto ciò che si trasforma e cresce ed è destinato a morire, ora animale asservito, ora infante da cullare o giovane da amare, ora magnifica fiera. Un dialogo divorante in cui il domato e il domatore – vorace la parte con Papaioannou in giacca rossa su note musicali che mischiano la baldanza del circo al sirtaki – diventano in realtà metafora della fatica del mondo. Un posto in cui il Tempo nel suo avanzare tritura vinti e vincitori, ma di fronte al quale vale sempre la pena di combattere.