In un’intervista rilasciata ieri alla National Public Radio, Barack Obama ha difeso l’accordo preliminare raggiunto la settimana scorsa nei negoziati nucleari con l’Iran dagli attacchi che gli hanno rivolto gli avversari repubblicani e Netanyahu, il premier israeliano convertitosi praticamente in leader di un’opposizone traversale americana/israeliana e portavoce di un partito della guerra.

Il presidente americano ha ammesso che rimangono da mettere a punto molti dei dettagli operativi specifici, preannunciando mesi di «duri negoziati» e utlizzando per l’accordo iraniano l’analogia di un contratto preliminare per l’acquisto di una casa alla quale rimanga da applicare una «minuziosa ispezione prima della firma defintiva per il mutuo».

Ma Obama ha ripetutamente difeso l’accordo quadro che potrebbe rappresentare la sua principale vittoria di politica internazionale e, come l’apertura diplomatica verso Cuba, la chiave di volta di un ipotetica «legacy» della distensione a controbilanciare i numerosi interventi mediorientali.

Sulle incognite interne al regime di Theran, Obama ha sostenuto che l’accordo era la cosa giusta da fare per gli Usa. «È un buon accordo sia che pensiate che l’Iran sia aperto a cambiare politicamente, sia che rimanga implacabilmente contrario agli Usa, all’occidente e ai suoi valori». «Siamo ora in una posizione – ha aggiunto Obama – in cui l’Iran accetterebbe ispezioni e verifiche senza precedenti del suo programma nucleare. Idealmente una riduzione delle sanzioni fungerebbe anche da incentivo a sviluppare l’economia e a diminuire le provocazioni nella regione».

Non sono mancati riferimenti agli anatemi lanciati contro l’accordo da Netanyahu, che ha reagito in maniera decisamente negativa dopo l’annuncio di un accordo premilimare riguardo il nucleare iraniano: «Non è che non sia ragionevole l’idea del riconoscimento di Israele da parte dell’Iran.

Ma è importante convenire anche che oltre all’Egitto e alla Giordania con cui ci sono accordi di pace esiste tutta una schiera di paesi arabi nella regione che ancora non riconoscono Israele. Fra Israele e il mondo arabo esistono evidenti tensioni. Alcune frutto di antisemitismo, altre legate alla mancata risoluzione del conflitto israelo palestinese».

Obama ha poi affrontato uno dei temi più caldi della sua parte finale di mandato. In particolare sull’accordo iraniano, pesa la minaccia repubblicana di bloccare la ratifica di un eventuale trattato in congresso.
«Ricordiamoci – ha specificato il presidente americano – che esistono numerosi precedenti di accordi internazionali implementati senza bisogno della ratifica formale di un trattato da parte del senato. Io sono fiducioso che qualsiasi presidente sarebbe sufficientemente informato in materia da non confutare l’autorità che il ramo esecutivo degli Stati uniti ha di sottoscrivere accordi internazinali».

Infine Obama si è espresso su Cuba, alla viglia del summit latinoamericano che si sta per svolgere a Panama, «Come ho delineato a dicembre il nostro obbiettivo rimane di cambiare il rapporto fra gli Stati uniti e Cuba in modo tale da favorire il popolo cubano sul lungo termine. Io credo che ci sia una reale opportunità per farlo e intendo continuare a lavorare in questo senso.

La nostra speranza è di essere presto nella posizione di poter aprire un ambasciata di modo da favorire contatti e consultazioni più frequenti su tutta una serie di questioni, su alcune delle quali abbiamo una convergenza di vedute. Rimangono certo alcune serie differenze. Non mi aspetto una trasformazione immediata nei rapporti fra i nostri paesi, ma vedo una possibilità, e una grande fame dentro Cuba, per un processo che avvii un cambiamento, un processo che credo possa portare a maggiore libertà e opportunità».