È successo di nuovo: grandi poster scioccanti e assurdi di attacco alla legge 194 sono comparsi sui muri di Roma negli spazi dell’affissione pubblicitaria a pagamento. Questa volta l’accostamento è tra un tema rovente, come quello dei femminicidi, e l’aborto, anche se il legame di causalità che si legge nello slogan determina solo una piroetta di senso poco logica.

Via Salaria, via Nomentana: i manifesti sono apparsi lungo le vie consolari ad alto scorrimento e non sono sfuggiti alle femministe di «Se Non ora Quando» che tramite il sito Rebel Network hanno subito raccolto le adesioni per chiedere alla sindaca Virginia Raggi una pronta rimozione dei manifesti firmati dalla campagna CitizenGo. La campagna risulta diretta dal giovane Filippo Savarese, portavoce tra l’altro anche della piattaforma «Generazione Famiglia», costola del movimento integralista cattolico francese La Manif Pour Tous delle grandi adunate del 2013, poi tra gli organizzatori dei due Family Day in Italia e ora in procinto di organizzare un’altra parata anti-gay, anti-Lgbt e antiabortista il prossimo sabato a Roma.

CitizenGo ha sede a Madrid, dove è stata fondata dall’ultra conservatore Ignacio Arsuaga e nel suo executive staff figura anche Brian S. Brown, presidente della National organization for marriage che negli Stati Uniti si batte contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso, con contatti imbarazzanti con i movimenti di estrema destra islamofobici ungheresi e russi oltre che con Breitbart di Steve Bannon.

Una sigla diversa, questa di CitizenGo, ma con legami stretti e diretti con l’associazione Pro Vita di Toni Brandi, che solo un mese fa aveva firmato il mega poster con il feto contro l’anniversario della legge 194 in via Gregorio VII, sempre a Roma, la cui rimozione da parte della sindaca Raggi fu poi «vendicata» da un raid di Forza Nuova dentro la Casa internazionale delle donne a Trastevere. In una intervista al sito «La Baionetta», il referente romano Savarese dice rispetto al voto del 4 marzo che «non si può più dare credito a chi, come il Pd o il Movimento 5 Stelle, ha fatto di queste agende politiche – i diritti per le persone Lgbt ndr – un asse portante dei loro programmi per l’Italia».