È da 18 anni che la popolazione della provincia argentina di Chubut sta dicendo no all’estrattivismo minerario, scongiurando, lotta dopo lotta, ogni colpo di mano da parte della classe politica. «No è no», è diventato il suo slogan. Eppure il governatore Mariano Arcioni, come chi l’ha preceduto, da quell’orecchio non ci vuole sentire, riproponendo ogni volta da capo il progetto di sfruttamento minerario a cielo aperto nella regione.

A far esplodere nuovamente la protesta, che va avanti dal 7 maggio, è stata la decisione del Parlamento di Chubut di respingere, senza nemmeno prendersi la briga di discuterlo, il progetto di legge di iniziativa popolare contro lo sfruttamento minerario presentato dall’Unión de Asambleas Ciudadanas, la quale aveva raccolto, in piena pandemia, quasi 31mila firme, molte di più di quelle necessarie.

Un’iniziativa che seguiva di sei anni il primo progetto di legge contro la «megaminería», derogato dall’Assemblea legislativa provinciale dopo essere stato a lungo ignorato, e di 17 anni la storica consultazione popolare nella città di Esquel, quando più dell’80% della popolazione aveva votato contro lo sfruttamento di un giacimento d’oro da parte dell’impresa canadese Meridian Gold.

A guidare l’assalto è ora un’altra impresa canadese, la Pan American Silver Corp, decisa a ottenere il via libera al Proyecto Navidad nel nord di Chubut, dove si trova il secondo giacimento di argento e piombo più grande pianeta.

E a sostenerne le mire sono tanto Arcioni, in cerca di soluzioni al profondo deficit finanziario della provincia, quanto il governo di Alberto Fernández, il cui segretario delle miniere, Alberto Hensel, ha espresso grande soddisfazione per la decisione del parlamento di Chubut: «Ogni considerazione ambientale – ha dichiarato – deve essere accompagnata da una valutazione sociale inclusiva, tenendo in equilibrio ambiente, sicurezza pubblica e competitività».

Convinta, al contrario, che l’acqua valga più dell’oro e che l’estrattivismo «porti solo miseria», la popolazione di Chubut ha reagito con indignazione al «nuovo tradimento» dell’Assemblea legislativa, procedendo a occupare il municipio di Esquel e a bloccare la Ruta 40, la strada che corre parallela alla Cordigliera delle Ande, e la Ruta 3, dove però, già domenica, i manifestanti sono stati violentemente sgomberati dalla polizia.

Non si tratta del resto dell’unico conflitto provocato dalle politiche estrattiviste del governo Fernández. Se agli inizi del 2020 l’oceanica mobilitazione degli abitanti di Mendoza aveva costretto il governatore Rodolfo Suárez a revocare la legge che dava il via libera allo sfruttamento minerario nella nota area vinicola argentina, lo scorso aprile è stata la popolazione di Andalgalá, nella provincia di Catamarca, a insorgere contro il progetto Agua Rica per lo sfruttamento di rame, oro, argento e molibdeno, andando incontro a una dura repressione da parte della polizia.