«Intere città deformate dalla ruggine, dal tempo, dal dolore». Sono le Iron Towns, le città di ferro che danno il titolo e fanno sfondo dal nuovo romanzo di Anthony Cartwright, scrittore di punta della nuova letteratura d’oltre Manica.

Come nel precedente e giustamente acclamato Heartland, il football diventa il motore narrativo per raccontare un pezzo di Inghilterra che non ce l’ha fatta e che ora si aggrappa alla Brexit – e forse al ritrovato socialismo del Labour – per superare una crisi apparentemente infinita.

I nomi sono di fantasia, ma i luoghi risultano ben individuabili nelle Midlands, ancor più specificamente nelle Black Country tanto care all’autore e da cui un altro enfant du pays come JJR Tolkien trasse ispirazione per la Terra Oscura di Mordor.

Luoghi che «si stanno restringendo», dove le vecchie ferriere sono ormai in putrefazione, abbandonate da anni a un destino ineluttabile, dove le miniere di carbone hanno chiuso per sempre e il futuro è grigio come il cielo d’autunno.

Nel libro edito dalla 66thand2nd, la squadra di calcio dell’Iron Towns – la s la aggiungono i tifosi – segue pedissequamente la parabola di decadenza della città. I tentativi di rigenerazione, i fantasiosi piani studiati per superare la fine del comparto industriale svaniscono come le speranze di approdare nel mondo dorato della Premier League.

E così il club da sempre di proprietà dei Greenfield, quelli delle ferriere che non ci sono più, si ritrova a bazzicare i bassifondi del piano meno nobile delle divisioni professionistiche inglesi, in strenue battaglie nel fango contro plotoni di carneadi che vestono le maglie di Wycombe o del Torquay. L’ultima erede della dinastia Greenfield, quasi centenaria e rifugiatasi in Spagna, non investe più una sterlina, motivo per cui a capitanare la squadra c’è l’ormai quarantenne Liam Corwen, una carriera ben al di sotto delle tante aspettative alimentate da un esordio in nazionale a soli 18 anni.

Corwen ha una tale venerazione per il gioco che si è fatto ricoprire il corpo di tatuaggi che raffigurano i grandi del passato remoto e recente. Una galleria di campioni che prende vita grazie alla sublime penna di Cartwright, con l’eterno Stanley Matthews che «emergeva dall’oscurità come Excalibur dall’acqua del lago», o il cattedratico Andrea Pirlo, che «ha la faccia di un uomo che, dopo essere uscito per imbucare una lettera, è rientrato a casa rendendosi conto di non averlo fatto».

O ancora il leggendario George Best, «che penetra la difesa del Benfica come un elfo che saltella tra i fiori estivi di belladonna».

Per Liam il football era e sarà sempre l’ancora di salvezza, una medicina che cura le ferite dell’anima, lenisce i mille rimpianti e attenua la distanza dal figlioletto, finito con la madre in una casa sulla riva di un lago finlandese.

Nella città di ferro non è l’unico a patire, anche gli altri protagonisti sono stati presi a schiaffi dalla vita. Ma qualche barlume di speranza c’è ancora, come indica il finale dolce-amaro di un libro assolutamente da non perdere.