Nel panorama del cinema d’animazione italiano contemporaneo, i nomi di Mara Cerri e Magda Guidi sono sicuramente fra quelli più interessanti.

Con loro, si è conversato della loro storia, tra passato (formazione), presente, e futuro (il loro progetto in corso).

C’è sempre un punto d’inizio in tutto, biografie incluse. Qual è il vostro?

Mara Cerri: Il nostro incontro e progressivo avvicinamento è avvenuto in Urbino, dove abbiamo frequentato la sezione di cinema d’animazione della Scuola del Libro.

Dopo il diploma Magda ha continuato a disegnare cinema d’animazione e io mi sono dedicata all’illustrazione e ai libri per ragazzi ma c’è sempre stato un reciproco guardarsi e la consapevolezza di voler ricongiungere le esperienze.

L’occasione concreta è arrivata quando, nel 2008, Via Curiel 8, che era già la storia di un albo illustrato, pubblicato dall’editore romano Orecchio Acerbo, vinse il concorso di Annecy per progetti di corti animati e Arte France pre-acquistò il lavoro. A quel punto ci siamo dette: da qui in poi andiamo insieme.

Da lì in poi, cosa accade?

Magda Guidi: Partecipiamo al Torino Film Festival con il film Via Curiel 8 (2011), e vinciamo il primo premio Corto Italia. Poi, prima di ripensare ad un nuovo film di cinema d’animazione, passa del tempo, un periodo in cui abbiamo comunque lavorato ad altri progetti insieme. Per esempio, c’è stato un video d’animazione per la Fondazione Hospice Seragnoli, per il quale abbiamo sempre utilizzato la nostra tecnica. Ma abbiamo anche dato il nostro contributo in opere come La strada dei Samouni (2018), il film documentario di Stefano Savona che ha vinto un premio importante all’ultima edizione del Festival di Cannes. Il film prevedeva numerose sequenze in animazione, che Stefano ha affidato a Simone Massi. Io e Mara abbiamo fatto parte della squadra di lavoro fin dall’inizio, chiamate dallo stesso Simone. Per noi è stata un’esperienza umana e professionale molto ma molto importante, perché contrariamente a come eravamo abituate di solito, è stato un lavoro di squadra. Abbiamo imparato tantissimo e ne faremo tesoro.

Nel frattempo, abbiamo continuato a lavorare in duo per un intervento in animazione sul film documentario Ferrante Fever (2017) di Giacomo Durzi, prodotto da Malia Film. Mentre ora stiamo lavorando al nostro nuovo corto animato, Sogni al campo.

Quando nasce questo vostro progetto?

M. G.: Subito dopo Via Curiel 8, quindi 2011. Nasce da alcuni disegni, fatti in libertà. I disegni iniziavano da soli a contenere una storia, che poi ha preso corpo col passare dei mesi.

Siamo state un mese in Francia, ad una residenza artistica dove era possibile sviluppare la scrittura di film d’animazione. Abbiamo approfittato di questo periodo per iniziare delle sequenze a colori, perché avevamo in previsione di fare una mostra in Italia, alla Blue Gallery di Bologna, dove abbiamo esposto sia le illustrazioni che il materiale prodotto fino a quel momento…

Poi, c’è il bel libro-catalogo del progetto che la stessa Blue Gallery ha pubblicato, no? Anche se non definitivo, è un documento che rimane.

M. G.: Si. Infatti, dopo la mostra, abbiamo deciso di finire tutta l’animazione a matita. In attesa di riscontri dal punto di vista produttivo, la lavorazione del corto va avanti.

A proposito di tecnica e di libertà, forse c’è qualcosa che precede entrambi questi poli, che poi sarebbero, diciamo, (pre)condizioni di un lavoro. Per voi, quand’è che qualcosa è, in fondo, «animabile»?

M. G.: Parlare di animabile significa parlare di qualcosa di molto particolare e difficile da definire.

Nel mondo che ci circonda esiste un visibile ed un invisibile. L’invisibile è nascosto ma è qui, vicinissimo a noi. Per essere raccontato ha bisogno di essere trasfigurato. Col disegno, e con l’animazione, si cerca di fare questo. Cogliere di sorpresa il mistero che ci circonda. In Sogni al campo c’è un ragazzo che cerca il suo gatto, scomparso. In questa ricerca, che si dimostrerà vana, il ragazzo attraversa una crescita, e consegna i suoi affetti, la sua storia, la memoria, al paesaggio. Il paesaggio è forse il vero protagonista. E nel nostro caso ha una collocazione precisa: le colline delle Marche. Il luogo dove siamo nate, dove ci siamo formate come autrici e come persone, i luoghi dove risiede la nostra memoria, il nostro presente, i nostri nuclei affettivi ed anche professionali.

Ci sarà anche un terzo registro, oltre all’animazione ed il suono: una voce narrante, che accompagnerà il cammino del ragazzo. Il testo è stato scritto per noi da Andrea Bajani. Andrea ha collaborato già diverse volte con Mara. C’è una sensibilità comune, nei suoi racconti ritroviamo il nostro stesso linguaggio. Lì ritroviamo quello che, tornando alla tua domanda, può assolutamente essere definito «animabile».

Come se l’animazione rappresentasse quel filo rosso che collega ciò che è visibile e ciò che non lo è.

M. C.: È già d’uso la metafora della letteratura come «pesca in acque profonde», là dove avvengono movimenti continui che prima o poi finiranno per increspare la superfice. Ogni storia che trova la forza di emergere provoca un trauma emotivo indelebile che ha la funzione di mutarci.

Ne Il porto di Toledo, Anna Maria Ortese scrive: «La letteratura è un reato, reato di aggiunta o mutamento».

Vale lo stesso per quello che facciamo. Il cinema d’animazione d’autore e dipinto a mano porta con sé la potenza di un gesto teso a smantellare lo schermo della realtà.

Per finire, vorrei chiedervi quali sono i pro e contro nel creare le vostre immagini in Italia, ed in particolare nelle Marche.

M. C.: I pro sono i riferimenti e il senso di continuità dal quale non puoi esimerti, i contro sono forse gli stessi e dunque il rischio di bearsi troppo di un trascorso in maniera narcisistica o nostalgica, senza più appigli nel contemporaneo.

È necessario esporsi, sporgersi, e una volta intercettata la linea d’ombra allora tornare indietro e ritessere insieme le esperienze affinché vengano assorbite dalla comunità e si facciano cultura.

Nel nostro caso la tensione è quella di veder fiorire nel nostro territorio tutto quello che è sedimentato e la docenza che ci coinvolge entrambe presso l’ISIA di Urbino vorrebbe andare in questa direzione. È un momento che ci fa ben sperare.

Il nuovo corto di un autore che amiamo, Roberto Catani, è sostenuto dalla Regione Marche con fondi europei di sviluppo regionale e da Marche Film Commission-Fondazione Marche Cultura. La produzione è Withstand Film.

Un prezioso festival di animazione, Animavì (www.animavi.org), sta ostinatamente trovando ragione di esistere e crescere nel paese di origine di Simone Massi, Pergola.

L’esperienza del film La strada dei Samouni e quindi il lavoro di Savona/Massi ha sicuramente posto un’attenzione importante su questo potenziale. Inoltre, ha anche avuto il grande valore di essere un film che impone una riflessione su questioni che vanno ben oltre il nostro paese e dalle quali ogni disegnatore partecipe è stato in qualche modo, per così dire, attraversato.

cchio Acerbo; La spiaggia di notte (testo: E. Ferrante), per Edizioni E/O; I libri di Oz (traduzione: C. Lagani), per Einaudi. Inoltre, suoi sono i manifesti per i film A sud di Pavese (Matteo Bellizzi, 2015) e di Lazzaro felice (Alice Rohrwacher, 2018). Magda Guidi (Pesaro, 1979) è autrice di cortometraggi animati, illustratrice, insegnante di cinema d’animazione. Ha collaborato a produzioni teatrali, cortometraggi, fiction, produzioni pubblicitarie (sigle e spot). Ha vinto il primo premio ai Castelli Animati di Roma con Ecco, è ora.

Insieme, le due autrici hanno realizzato il corto Via Curiel 8 (2011), collaborato alle sequenze d’animazione di Ferrante Fever (G. Durzi, 2017) e La strada dei Samouni (S. Savona, 2018), e stanno realizzando Sogni al campo – al momento, produzione Miyu (Parigi) e Withstand Film (Milano).