L’effetto dell’iniziativa dell’amministrazione Biden sui vaccini è così dirompente che ormai la stampa parla ovunque di Us Waiver, come se l’idea della sospensione dei brevetti fosse nata oltreoceano.

Nei circuiti della società civile storicamente impegnata sull’accesso ai farmaci essenziali si concorda sul fatto che si tratta di un game changer, un punto di non ritorno in tutti i processi negoziali in corso.

Dal punto di vista simbolico, la sospensione dei brevetti sui vaccini arriva dal paese che ha diretto e orchestrato nel 1986 l’innesto della proprietà intellettuale nel negoziato Gatt, che aveva escluso quel dossier dalla partita degli accordi commerciali. Ci pensarono due multinazionali americane, Ibm e Pfizer, con un’operazione di lobby passata alla storia.

Sarà difficile adesso dire che la sospensione dei brevetti è un’opzione non percorribile, come ci hanno ripetuto per mesi. Ora poi il tema è all’ordine del giorno ai massimi livelli.

In Europa, il dossier sulla deroga alla proprietà intellettuale è stato finalmente sottratto ai burocrati della Commissione proni alla lobby farmaceutica, per passare definitivamente in capo a governi e parlamenti.

Inevitabilmente, Biden ha stanato i leader europei con un effetto domino ambiguo e scomposto, in questa Unione capace solo di rivelare crepe e ambiguità, tra Germania e Austria che prendono le distanze da Biden per non mettere in discussione gli accordi del Wto. Mentre Irlanda, Francia Belgio Italia e Spagna si esprimono in appoggio alla sospensione dei brevetti.

La posizione francese però «è quella del presidente Macron», dicono fonti ufficiali a Parigi, incerte sul da farsi. E in Italia, la posizione dei ministri Speranza e Di Maio sembra interpretare anche quella del presidente Draghi.

Ora i governi europei devono metterci la faccia, a partire dal summit sociale di Porto, in queste ore.

Anche in sede Wto la brezza dell’iniziativa statunitense ha impresso una lieve dinamica al negoziato in situazione di stallo da sette mesi.

Il primo ministro australiano l’ha definita una «notizia formidabile», e anche la Russia di Putin ha deciso di emulare Washington, impegnandosi alla moratoria sui brevetti dei vaccini russi. Norvegia e Svizzera restano ferme sulla loro posizione.

Dal canto loro, gli ambasciatori di India e Sudafrica attendono con interesse la nuova versione del waiver che sarà licenziata dalla direttrice generale del Wto Ngozi Okonjo-Iweala alla fine del mese, alla vigilia del Consiglio dei Trips.

Ma appare assai probabile che la decisione finale sul tema sarà presa solo alla 12ma conferenza interministeriale del Wto (30 novembre-3 dicembre 2021). Un lasso temporale sfiancante, sotto i colpi della pandemia. Ma un agio che presta il fianco invece alla pressione della lobby farmaceutica, passata all’azione subito dopo il primo sconcerto di fronte alle dichiarazioni della segretaria per il commercio Usa, Katherine Tai.

Per ora sembra destituito di fondamento il timore che India e Sudafrica possano accettare soluzioni restrittive rispetto all’istanza di deroga da loro presentata lo scorso ottobre. Ma nel gioco geopolitico che si configura nel secondo anno della pandemia la tenuta di India e Sudafrica è un potenziale crinale di criticità che richiede un forte monitoraggio, e una azione di accompagnamento, da parte della società civile e delle opinioni pubbliche sempre più sensibilizzate al tema, man mano che prende forma l’apartheid vaccinale su scala mondiale – a oggi, la iniziativa Covax ha inviato 54 milioni di dosi di vaccini in 121 paesi.

Solo lo 0,3% della popolazione ha ricevuto la prima dose nel sud globale.

Game changer, ma verso quale direzione punta, il nuovo gioco? La moltiplicazione delle proposte di sospensione dei brevetti crea una oggettiva confusione in questa fase, il che significa che il tempo dell’ottimismo cede subito il passo a una grande attenzione e cautela sui prossimi passi delle forze in campo.

Occorre ribadirlo: c’è una sostanziale differenza di prospettiva nella proposta americana rispetto a quella di India e Sudafrica, oggi sostenuta da 118 paesi al Wto. Sarebbe uno scenario del tutto indesiderabile se la prima soppiantasse la seconda.

Biden punta solo ai brevetti, cioè a una sola fattispecie di proprietà intellettuale, e punta solo ai vaccini, cioè al dispositivo principe della immuno-politica che si va costruendo nelle sedi internazionali, ignorando tutto il resto.

La drammatica situazione di India e Brasile sta invece a dimostrare che gran parte del mondo, dopo 17 mesi di pandemia, è ancora sguarnita di indispensabili dispositivi ospedalieri. Non escludo peraltro che la sospensione dei brevetti sui vaccini sia una risposta preoccupata di Biden al direttore generale dell’Oms il quale, nella conferenza stampa del 3 maggio, aveva dichiarato che l’Oms contava più casi globali di Covid19 nelle due settimane precedenti che nei primi 6 mesi della pandemia.

Biden allarga le maglie dell’accesso ai vaccini perché ha capito che le varianti sono una minaccia seria, ed è impossibile dargli torto. D’altro canto, la proposta di deroga made in Usa sembra interessare più i vaccini adenovirus di AstraZeneca e di Johnson& Johnson, o quelli che sono ancora nella filiera della ricerca, per i quali i brevetti hanno una oggettiva rilevanza.

Diverso è il caso dei vaccini mRNA: per questi, la deroga più importante della proprietà intellettuale riguarda il know-how della nuova tecnologia e i dati sui processi di costruzione del vaccino. I vaccini mRNA del resto hanno una catena del freddo assai esigente, e dunque minori possibilità di utilizzo nei contesti di paesi del sud del mondo, dove non esistono le condizioni logistiche di sistemi sanitari adeguati.

Decisive saranno le prossime settimane, tra il summit del G20 sulla salute globale, l’assemblea dell’Oms e il G7. Il gioco sarà pure cambiato,  sempre la stessa.