Qualche giorno fa ci era arrivata una scarna ma brutta bozza del documento conclusivo del primo Consiglio Europeo dopo le elezioni. Abbiamo sinceramente sperato fosse frutto di qualche burocrate della Commissione che, come i giapponesi nascosti nella foresta anni dopo la fine della guerra, non si fosse accorto del segnale arrivato con il voto del 26 maggio. E invece, il breve ma intenso documento ufficiale Una nuova agenda strategica 2019- 2024 pubblicato in questi giorni a firma Consiglio Europeo, al netto della grafica accattivante e di qualche aggiustamento, conferma in toto un approccio che definire disperante è poco. Le poche righe di introduzione già dicono tutto: la sfida per l’Europa sarebbe un mondo divenuto instabile e complesso. Ciò che l’Ue deve affrontare sono i pericoli che provengono dall’esterno. Nessun accenno ai mostri nati e cresciuti dentro l’Unione e che sempre più possono far diventare, al contrario, l’Europa un pericolo per il mondo intero: razzismo, oscurantismo, sovranismo, destra estrema. Nessun accenno a ciò che li ha prodotti, come reazione di segno sbagliato alla globalizzazione selvaggia, al primato del mercato sulla politica, alla competizione di tutti fra tutti, alla distruzione di solidarietà e del bene comune – e alla gigantesca diseguaglianza all’interno e fra le società europee che ne è derivata.

Niente di tutto questo. Al contrario, il primo capitolo «Tutela dei cittadini e delle libertà» identifica invece quali sono, per il Consiglio Europeo, le «minacce esistenti ed emergenti» che metterebbero in pericolo libertà e sicurezza degli europei. Al primo posto, ovviamente, la migrazione, che occupa tre quarti del capitolo. «Dobbiamo assicurare l’integrità del territorio, dobbiamo conoscere e decidere chi può entrare in Europa». Il controllo effettivo delle frontiere esterne è la precondizione assoluta per la sicurezza dell’Unione e la realizzazione dei suoi valori. Le restanti righe sono dedicate a una lista di altri pericoli che fanno sembrare l’Europa una casa assediata da zombie: terrorismo, attacchi cyber, disinformazione «creata da stati e attori non statali ostili».

Il secondo capitolo «Lo sviluppo della nostra base economica» chiarisce che essa serve per garantirci competitività su scala globale, dalla quale discenderebbe la creazione di lavoro. È questa l’unica volta che il lavoro viene citato in tutto il documento – occupazione, lavoro sicuro e degno, salario, reddito non sono nominati mai, neanche come auspicio per il prossimo millennio. L’Europa non è un insieme di popoli, è un mercato. Non c’è una sola parola che evidenzi i limiti e i difetti del sistema globale, della crisi in cui ha portato il mondo, dei danni che ha procurato – critica che ormai appartiene non solo ai pensieri alternativi ma anche a tanti economisti mainstream.

Il terzo capitolo è dedicato alla «Questione climatica e sociale». Anche se ci cita all’inizio il bisogno che «nessuno sia lasciato indietro», in realtà il sociale è relegato agli ultimi paragrafi. Sul clima, oltre alla conferma degli impegni internazionali, tutto si riduce agli investimenti pubblici e privati, per l’energia verde e contro l’inquinamento. Non c’è accenno al modello di produzione, di consumo, i beni comuni naturali non vengono neppure nominati. Nella scarna parte sul sociale si riconosce l’esistenza della diseguaglianza e di nuove forme di esclusione, ma si chiarisce che il problema deve essere affrontato rispettando la divisione dei compiti esistente fra Stati Membri e Ue, lasciando dunque gran parte della responsabilità e del peso delle politiche sociali ai governi nazionali. Il quarto capitolo, infine, è dedicato alla «Promozione degli interessi e valori europei nel mondo», che non è certo il modo migliore per mettere in evidenza l’impegno per un mondo giusto e di pace. L’obiettivo ribadito è «aumentare la capacità autonoma di agire per salvaguardare gli interessi Ue». Si difende il multilateralismo e l’Onu, ma le uniche altre due sedi internazionali citate sono il Wto e la Nato. Niente su guerre, dittature, povertà.

Se questo è il programma, siamo molto preoccupati. La maggioranza degli europei ha votato per l’Unione, è vero. Ma le due grandi famiglie politiche che l’hanno guidata in questi anni sono state punite, per creare una maggioranza serviranno altri gruppi, i sovranisti reazionari sono cresciuti – in alcuni paesi come in Italia ha fatto man bassa di voti. È un equilibrio precario e transitorio, quello che in questi giorni i governi europei stanno cercando di trovare a Bruxelles. Da che parte penderà l’opinione dei cittadini nei prossimi anni dipenderà dal grado e dalla qualità di cambiamento che si metterà in campo. Il gioco è tutto aperto. Se questa è la risposta, i mostri non spariranno affatto.

* Vice-presidenti del Forum Civico Europeo