Si occupano di analisi e visualizzazione di dati i Domestic Data Streamers, collettivo multidisciplinare con base a Barcellona che crea lavori in cui uniscono interaction design, ricerca sociologica e programmazione infografica.

Attraverso progetti partecipativi rendono comprensibili temi come la violenza, il femminismo, la sorveglianza, l’intossicazione da informazioni, vista la quantità di messaggi (visivi e testuali) che riceviamo e produciamo ogni giorno.

Progetti che creano comunità, perché «il mondo non può essere compreso senza numeri, ma non possiamo delegare tutto ai numeri», ha affermato la direttrice artistica del collettivo Marta Handenawer durante il simposio promosso da S+T+ArtS (piano di ricerca sostenuto dalla Commissione europea, al Cinquantenaire Museum di Bruxelles).

C’ERANO MOLTI altri relatori e interventi interessanti al convegno, come John Palmesino di Territorial Agency, con il progetto Oceans in Transformation, Haseeb Ahmed con l’installazione riguardante gli effetti inquinanti che i farmaci, assunti dagli individui, hanno nei corsi d’acqua e i sui loro ecosistemi, Olga Kisseleva Isaac con la mappatura delle radici degli alberi di Roma, ma la sua presentazione di 730 hours of violence colpiva per la capacità di sintesi e acume nell’occuparsi di un tema complesso.

«Per la mostra abbiamo progettato una sorta di laboratorio di esplorazione espositiva – ha spiegato Handenawer –. Per 730 ore abbiamo posto domande sulla violenza al pubblico. Durante l’ideazione della rassegna, nel settembre 2021, erano state uccise duecentotrenta persone nel conflitto tra Gaza e Israele, due erano morte in un incidente automobilistico di Tesla senza conducente, e quasi 11mila erano state sfrattate in Spagna. La violenza è sempre stata parte della storia, ma oggi si presenta in modi diversi. La tecnologia, il capitalismo, gli stili di vita urbani e la mercificazione della sicurezza hanno fornito alla brutalità un terreno su cui fiorire. Si evolve con noi, occupando nuovi spazi».

The Mood Test (Domestic Data Streamers)

«SE VOGLIAMO AFFRONTARE le sfide che queste ’moderne’ violenze presentano – ha continuato la direttrice –, dobbiamo prima capire come sono state normalizzate. Discutendo con i visitatori sulle forme di accettazione dei paradigmi di violenza e una delle cose emerse riguardava proprio la sua invisibilità. Per comprendere i suoi modi di diffusione, abbiamo analizzato i social network. Il bullismo esiste (purtroppo) da sempre, però i social media offrono uno spazio nuovo in cui svilupparsi. Una piattaforma come Twitter consente il perpetuarsi del cyberbullismo 24 ore al giorno, senza interruzioni e con un alto tasso di anonimato. È una differenza sostanziale rispetto alle forme tradizionali di molestie. Dopo aver processato e visualizzato le risposte, abbiamo realizzato un’installazione con alcune metafore – un martello che sbatte contro un muro – per mostrare come la violenza finisca per logorare chi la subisce. Oltre a Barcellona, la mostra era stata selezionata tra i progetti premiati da S+T+Arts Prize e all’Art Electronica Festival di Linz, lo scorso anno».

Handenawer ci ha invitati nello studio del collettivo a Barcellona, per scoprire gli altri progetti. Era opera loro, per esempio, l’allestimento della mostra a Palau Robert Feminista tenías que ser, curata da Natza Farré. Una esposizione coinvolgente, senza essere didascalica.

NELLE PRIME SALE si parlava di maschilismo, patriarcato e dei suoi messaggi pervasivi. Perché il femminismo è la risposta al sistema basato sulla disuguaglianza tra uomini e donne, sulla discriminazione strutturale e invisibile, di oltre la metà della popolazione mondiale.

«Siamo andati contro il classico modello espositivo in cui le informazioni vengono trasmesse in modo unidirezionale e invitato i visitatori a esprimere una opinione visualizzando le loro storie, anche se in modo anonimo – ha raccontato Handenawer –. Abbiamo raccolto dati pubblicati da statistiche ufficiali e articoli scientifici, per mostrare il tempo di cui le donne hanno bisogno per ottenere alcuni diritti fondamentali. Secondo il World Economic Forum, mancano ancora 257 anni prima che possa essere raggiunta su scala globale una reale parità retributiva tra i due sessi. In Catalogna si stima che questo obiettivo potrà essere centrato nel 2091. Ci interessava poi evidenziare come il linguaggio machista abbia sempre mancato di rispetto alle femministe. E il pubblico, oltre a leggere in sala le varie connotazioni negative e gli insulti verbali, poteva documentarsi prendendo una brochure in cui trovava le risposte a quelle discriminazioni, perché l’ignoranza si confuta con le argomentazioni».

Un’altra loro mostra realizzata in collaborazione con Palau Robert e il Barcelona Food Bank, è stata Todo lo que no se come.

«L’idea principale era questa: analizzare ciò che accade mettendolo a confronto con quello che non mangiamo, perché circa un terzo del cibo prodotto a livello globale non viene consumato. Quando finisce nella spazzatura, lo spreco riguarda anche un gran numero di altri elementi necessari per la sua produzione, come acqua e risorse energetiche. Il mondo del cibo pullula di dati impressionanti, ma se sono spiegati solo attraverso un report statistico, l’impatto è basso. Ecco perché convertiamo i dati in esperienze che valorizzino le informazioni, combinandole con altre discipline che hanno a che fare con la spazialità e le emozioni. E a proposito della traducibilità dell’esperienza emozionale, grazie al nostro background con i media digitali e l’interaction design (dirigiamo il master in Data Design all’Elisava di Barcellona) siamo riusciti a portare la natura all’interno del Pediatric Cancer Center. Dal momento che i pazienti-bambini non possono lasciare l’ospedale, abbiamo trasformato i dati dalla natura in un videogioco, per creare un ambiente digitale interattivo, composto da fauna e flora, qualcosa che muti ogni giorno seguendo le stagioni. Così quando il sole tramonta fuori dall’ospedale, si eclissa anche all’interno della struttura».

TRA I PROGETTI IN CORSO c’è Would you click?, in collaborazione con il Citizen Lab dell’Università di Toronto, un progetto di visual storytelling riguardante diritti legali e sicurezza globale, per far luce su uno dei casi più noti in Europa di hacking telefonico, avvenuto in Catalogna con lo spyware Pegasus.

«Noi di Domestic Data Streamers siamo critici nei confronti della produzione e generazione di dati, sui modi in cui possono rappresentare una minaccia per la libertà e la democrazia. Stiamo lavorando a una ricerca sulla qualità dell’aria che si respira negli ambienti chiusi per sensibilizzare sull’inquinamento atmosferico. Facciamo anche molti esperimenti sull’intelligenza artificiale, sulle cui potenzialità è assolutamente necessario indagare oggi», conclude con grande lucidità e un sorriso di commiato Handenawer.