È l’ennesima tragedia del Mediterraneo. Una barca con centinaia di profughi è naufragata settantacinque miglia a sud dell’isola di Creta, in acque internazionali. Sino a ieri sera erano nove i morti accertati e trecentocinquanta le persone salvate. In base, però, alle testimonianze dei sopravvissuti, i dispersi dovrebbero essere centinaia, dal momento che si calcola che i passeggeri, in totale, fossero circa settecento.
Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) la barca aveva per destinazione un porto del sud Italia. Il coordinamento dei soccorsi è stato assunto dalla sala operativa del ministero della marina mercantile greca, malgrado il fatto che, come sottolinea la stampa ellenica, sarebbe dovuta intervenire la marina e la guardia costiera egiziana. Le autorità del Cairo rispondono di avere comunque collaborato alle varie operazioni di soccorso, ma la polemica, ora, non ha certo senso. I sopravvissuti verranno fatti sbarcare oggi in Italia, a Malta, in Egitto e in Turchia.
La barca scelta questa volta dai trafficanti era un peschereccio di venticinque metri, che è semiaffondato nella zona del naufragio. Alle operazioni di soccorso hanno preso parte, in totale, sei navi, un aereo e due elicotteri dell’aviazione e della marina greca.

Dopo la sostanziale chiusura della rotta balcanica, gli scafisti hanno spostato molte partenze delle carrette del mare nei porti dell’Egitto e nelle ultime settimane centinaia di profughi e migranti sono arrivati sulle coste di Creta dove, però, non c’è nessuna struttura specifica pronta per l’accoglienza delle ondate migratorie.

Nel frattempo, il dramma dei disperati del mare continua senza nessun tipo di interruzione: la marina libica ha annunciato che venerdì scorso la corrente ha trascinato sulle coste della città di Zuara i cadaveri di centodiciassette persone che hanno perso la loro vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e giungere, molto probabilmente, in Italia. Tra le vittime i corpi di settanta donne e cinque bambini. Secondo quanto dichiarato da alti ufficiali della marina libica, poi, ci si attende che il numero dei morti possa aumentare ancora.

Anche la rotta adriatica, inoltre, non sembra essere completamente chiusa. Oltre all’arrivo di dieci migranti, somali e siriani, due giorni fa, la scorsa settimana sarebbero giunti sulle coste del Salento, secondo alcune informazioni, almeno altri due piccoli gruppi di migranti. Mentre, tuttavia, nell’ultimo caso si è riuscito a fermare due scafisti, entrambi italiani, di Brindisi, nei giorni precedenti i migranti sarebbero stati individuati solo dopo che i proprietari degli scafi usati per la traversata dello Ionio si erano già allontanati. Come si apprende da alcune fonti investigative le partenze avverrebbero dalle coste greche dietro l’isola di Corfù.

Per quel che riguarda la situazione all’interno degli hotspot, in Grecia gli episodi degli ultimi giorni hanno avuto una vastissima eco, a dimostrare che non si tratta, certo, della scelta più adatta e che spesso si tende a parcheggiare in questa specie di limbo profughi e migranti, creando nuove tensioni. A Samos hanno preso parte agli scontri scoppiati all’interno dell’hotspot decine di persone, principalmente migranti pachistani, marocchini e algerini, con lanci di pietre e principi di incendio. In tutto, nove persone hanno riportato ferite e sono state trasportate all’ospedale dell’Isola. Tensione, infine, si è registrata anche nel centro di Oreokastro, nella regione della Macedonia, principalmente tra arabi e curdi. In questo caso un ragazzo è rimasto ferito ed è stato curato all’ospedale Ippokration. Pare che uno dei motivi che ha fatto scoppiare la tensione sia stato, paradossalmente, il diritto alla precedenza nel poter usare le prese per ricaricare i cellulari.